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Il salvataggio di Popolare Vicenza e Veneto Banca non è scontato, anche se le autorità italiane sono pronte ad appoggiare i due istituti nel difficile passaggio sotto il controllo pubblico. È stato questo il messaggio filtrato ieri al termine dell’incontro romano tra i vertici delle ex popolari (l’ad Fabrizio Viola, i presidenti Massimo Lanza e Gianni Mion e il vicepresidente Salvatore Bragantini), il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan, il sottosegretario Pier Paolo Baretta e una delegazione di Bankitalia.

GLI INCONTRI

Al centro del vertice la richiesta di ricapitalizzazione professionale al vaglio della Bce e della Dg Comp di Bruxelles. L’incontro è stato definito «molto positivo» dai partecipanti e il Tesoro avrebbe condiviso con il top management «problemi e soluzioni» nell’ambito della trattativa in corso. La discussione sarebbe partita dal piano industriale elaborato nei mesi scorsi dagli amministratori, a partire dal presidente di Bpvi Gianni Mion e dall’amministratore delegato Fabrizio Viola (nella foto). Un piano che prevede come presupposto la fusione dei due istituti entro l’anno.

LE RICHIESTE DELLA BCE

Sembra però che Bce non condivida pienamente l’approccio dei vertici e che abbia chiesto di redigere i piani per la ricapitalizzazione professionale con il presupposto dell’autonomia. Questo perché di fatto la fusione non è stata ancora approvata dalla Vigilanza e dunque non può essere assunta come presupposto. Al momento comunque non è chiaro se lo stop imposto da Francoforte possa essere aggirato o se l’integrazione debba essere rimandata o del tutto cancellata dalla tabella di marcia. All’incontro di ieri comunque i vertici avrebbero difeso con fermezza il progetto elaborato nei mesi scorsi e confermato che le sue linee generali non possono essere messe in discussione.

I VECCHI SOCI E IL SALVATAGGIO IN FORSE

Secondo aspetto al centro dell’incontro è stato l’offerta di transazione in corso con gli azionisti. È emerso con chiarezza che, qualora l’operazione non andasse in porto, il salvataggio sarebbe in discussione. Lo impone del resto il divieto imposto dalla direttiva Brrd di impiegare risorse pubbliche per ripianare perdite pregresse o prevedibili. Un divieto che, tra l’altro, impedisce di utilizzare i capitali dello Stato per compensare le minusvalenze riportare nella vendita delle sofferenze.

I NUMERI SULLE ADESIONI

A pochi giorni dalla scadenza dei termini le adesioni effettive sono al 29,1% per Bpvi e al 34% per Veneto Banca, abbastanza lontano quindi dall’obiettivo dell’80% che i vertici si erano prefissati a gennaio. Ecco perché le due banche guidate da Fabrizio Viola sono pronti a concedere una proroga dei termini. Il cda di Bpvi dovrebbe decidere in tal senso nella riunione della prossima settimana, mentre quello di Montebelluna si è già espresso in tal senso. La proroga potrebbe peraltro anche comportare un rinvio dell’approvazione del bilancio 2016, atteso a questo punto per il mese di aprile. Non è peraltro escluso che la soglia di efficacia dell’80% venga abbassata fino al 65-70% per venire incontro a una risposta inferiore al previsto. Difficilmente però l’offerta avrà efficacia sotto questo livello, perché in tal caso il rischio di contenzioso resterebbe troppo elevato.

I NIET DEL TESORO

Dietro il rifiuto di molti azionisti c’è l’aspettativa che il Tesoro, da nuovo azionista, possa formulare un’offerta migliorativa rispetto a quella messa sul piatto da Atlante. Già nei giorni scorsi però il Tesoro (confrontato da pareri illustri come quello del giurista Sabino Cassese) ha lasciato intendere con chiarezza che tale speranza è mal riposta perché la normativa Ue non lascia spazio per interventi di questo genere. Di altro tipo sono i ristori di cui ieri ha parlato il numero uno della Concorrenza Ue, Margrethe Vestager: «La Commissione cerca di assicurarsi che i clienti delle banche che portano i loro risparmi per metterli al sicuro possano essere compensati se c’è stata una vendita fraudolenta», ha spiegato la commissaria. Tornando alla transazione, i due istituti hanno annunciato la costituzione di un fondo di 30 milioni ciascuna a sostegno degli azionisti che versano in condizioni disagiate. Il fondo è riservato solo agli azionisti che rientrano nel perimetro dell’offerta di transazione e che rinunciano ad azioni risarcitorie.

COSA FARA’ IL FONDO ATLANTE

Altro tema al centro dell’attenzione è il ruolo che Atlante avrà nel salvataggio. Numerosi investitori del fondo sono contrari a investire nell’aumento di capitale dopo i 3,5 miliardi versati finora. L’intervento però potrebbe rendersi indispensabile qualora il patrimonio e la conversione dei bond subordinati non fossero sufficienti per coprire le perdite sulla vendita degli npl.

LA PAROLA AI SINDACATI

Da registrare anche la preoccupazione dei sindacati in attesa che siano più chiari i piani dell’ad Viola: «Sono ancora tutti in attesa di un cavaliere bianco che salvi la Popolare di Vicenza e Veneto Banca? L’illusione sta purtroppo per svanire», ha dichiarato il segretario generale della Uilca Massimo Masi. «Non ci ha nemmeno tranquillizzato l’incontro che abbiamo avuto con Fabrizio Viola nei giorni scorsi – sottolinea Masi -. Ora sembra che la situazione stia peggiorando e che il famigerato bail-in possa essere attuato. Vogliamo chiarezza: invitiamo Viola, il ministero dell’Economia e delle Finanze e la Regione Veneto a svelare le carte e fare luce sull’esatta situazione in cui versano i due istituti bancari».

(Pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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