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Tre grandi stanze con vetrine su strada. Dove da un mese si lavora a pieno regime. Parliamo del comitato “Basta un sì”, il quartier generale della campagna pro riforma costituzionale di Matteo Renzi: è qui che si decidono la strategia di comunicazione, i contenuti del sito web, le iniziative sul territorio con i comitati locali e il battage pubblicitario. Qui sono stati ideati i manifesti che hanno riempito le strade delle nostre città. Una ventina di volontari, tutti molto giovani, divisi in quattro squadre ognuna con un referente: Piercamillo Falasca (direttore editoriale di Strade e collaboratore del sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova), gestisce i contenuti del sito; Alessandra Serra (ex comunicazione Cuperlo) cura l’attività sui social; Rudy Calvo (ex Europa) si occupa dei rapporti con la stampa; Roberto Cociancich (senatore e avvocato) gira tra i comitati sul territorio. Sopra di loro, a dirigere il tutto, c’è Simona Ercolani, regista e produttrice televisiva, che è responsabile della comunicazione e dei video. I filmati sul sito “Basta un sì” – alcuni dei quali hanno suscitato polemiche – sono realizzati proprio dalla sua società di produzione, la Stand by me, diventata famosa per programmi come Sfide e Sconosciuti. Ercolani (moglie del giornalista ed ex spin doctor di D’Alema, Fabrizio Rondolino) è una renziana della prima ora: regista dell’ultima Leopolda, si appresta a dirigere anche la prossima, a metà novembre. Ogni tanto si fa vedere anche David Hunter, il “cacciatore” di voti, braccio destro di Jim Messina, il guru di Barack Obama assoldato da Matteo Renzi per la campagna referendaria. Passano spesso anche Luca Lotti e il suo fedelissimo, Antonio Funicello. Qualche giorno fa la sede è stata inaugurata ufficialmente con la presentazione del volume “Perché Sì”, alla presenza di Maria Elena Boschi.

Il palazzo, a piazza Santi Apostoli, ha una sua fascinazione politica visto che è lo stesso della sede dell’Ulivo di Romano Prodi: fu qui che si festeggiò sulle note della “Canzone popolare” di Ivano Fossati la vittoria del centrosinistra nel 1996 e poi, più sotto tono, il replay del Professore nel 2006.

In questi giorni, a fronte dei sondaggi che danno in testa il No, al comitato ci si sta concentrando sugli italiani all’estero, che voteranno prima, per posta, tra il 14 e il 22 novembre: oltre un milione di persone che, in caso di finale sul filo di lana, potrebbero risultare decisivi. Concentrazione anche sul Sud, dove il No è in netto vantaggio: qui la campagna sarà a tamburo battente a suon di incontri, appuntamenti e iniziative per spiegare nel merito la riforma. Le ultime idee sono l’Happy hour per il Sì, ovvero l’aperitivo per le riforme, rivolto al pubblico più giovane, e “Basta un Si-ndaco”, iniziativa che mira a coinvolgere i primi cittadini pro riforma. L’ordine di scuderia è parlare della legge e dei suoi effetti benefici tralasciando Renzi e l’azione di governo. Un sondaggio riservato di Palazzo Chigi, infatti, spiega come sui singoli temi della riforma molti italiani voterebbero Sì, ma alla domanda finale su “come voterà al referendum”, le stesse persone rispondo No. “Perché Renzi non mi piace, per mandarlo a casa”, le motivazioni. Anche per questo la campagna per il Sì cerca di spiegare che “se vince il No comunque Renzi non va a casa, ma resta in campo, come segretario del Pd”. “Il nostro pubblico è l’elettorato di centrosinistra, del Pd, ma non vogliamo chiuderci in quel recinto: del resto la maggior parte dei 4 mila comitati locali sono organizzati da persone che non hanno mai fatto politica attiva”, raccontano da Santi Apostoli.

Nonostante gli sforzi, però, nella war room del comitato del Sì ancora non si è trovata quella che gli americani chiamano “killer application”: ovvero il concetto vincente, che si può tradurre in uno slogan, un’immagine, un manifesto, una storia. Il “meno tasse per tutti” di Berlusconi, per intenderci. “E’ vero, la killer application ancora non c’è, ma ci stiamo lavorando…”, assicurano, sicuri, dall’agguerrito staff di Simona Ercolani. “Ma comunque finora il nostro miglior alleato è stato Massimo D’Alema…”, aggiungono dal comitato.

E i soldi? Finora col crowdfunding sono stati raggiunti 360 mila euro, in attesa del rimborso elettorale di 500 mila euro che spetta di diritto per aver raccolto mezzo milione di firme. Nel frattempo, però, i manifesti sono stati pagati dai gruppi parlamentari del Pd di Camera e Senato. La Ditta, alla fine, è sempre utile.

Maria Elena Boschi

Come lavora il Comitato renziano per il Sì al referendum (a caccia della killer application)

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