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L’accordo raggiunto due giorni fa dall’Opec ad Algeri “non è nulla più di una dichiarazione d’intenti”, secondo Arnaud Masset, analista di Swissquote. E sono in molti a pensarla come lui.

L’Opec ha dunque annunciato un taglio alla futura produzione. Un provvedimento contro l’eccesso di offerta che da due anni zavorra le quotazioni, ma che appunto già nella sua concreta definizione è rinviato di oltre due mesi, al vertice formale che si terrà il 30 novembre. E la mossa non è nemmeno chiaramente valutabile nella sua portata quantitativa.

L’Opec ha fatto cifre che implicano una stretta complessiva dell’offerta di 700-800 mila barili al giorno rispetto ai livelli attuali. Con cui il livello di export del cartello si ridurrebbe a 32,5-33 milioni di barili al giorno.Tuttavia secondo alcune analisi indipendenti il livello effettivo della produzione Opec è già inferiore a questa soglia, o molto vicino. E soprattutto resta da discutere l’insidiosa distribuzione del taglio tra i Paesi del cartello. Per questi motivi, gli analisti di Fge non hanno esitato a definire “fasullo” l’accordo, giungendo comunque alla conclusione che l’intesa “non significa niente, ma è sempre meglio di niente”. Prima di Algeri, Fge riteneva che i prezzi del petrolio sarebbero rimasti fermi nel range tra 43 e 47 dollari al barile, ma ora potrebbero sostiene che potrebbero superare i 50 dollari al barile entro fine anno.

Per Commerzbank, l’intesa preliminare dell’Opec è un vero e proprio “atto disperato”. L’Arabia Saudita ha esentato Iran, Nigeria e Libia dall’accordo. Di conseguenza, il problema dell’eccesso di produzione non verrà risolto. In più, secondo gli esperti, un ritorno alla vecchia strategia dell’Opec, mirata a controllare i prezzi attraverso i volumi di produzione, non potrà più funzionerà, dal momento che il mercato non è in equilibrio e che il Cartello non controlla più la produzione marginale e quindi le quotazioni. Nel frattempo, è probabile che la produzione non Opec aumenti velocemente grazie all’incremento dei prezzi che ne conseguirà, hanno osservato gli analisti di Commerzbank . Non per niente la Russia ha messo subito le mani avanti avvertendo che non intende abbassare il suo livello di produzione. “Tutto dipenderà dalla situazione macroeconomica”, ha dichiarato il ministro dell’energia, Alexander Novak, “ma ci concentriamo sul mantenimento dei livelli di produzione attuali”. Che in Russia sono ai massimi storici.

In ogni caso il ministro russo ha definito “molto positiva” la decisione dell’Opec di ridurre l’offerta. Secondo Michael Wittner, analista senior di Societé Générale , ci saranno due mesi di volatilità sui prezzi, almeno fino a quando l’Opec non fornirà numeri più concreti nella riunione di novembre. Per Wittner, tuttavia, “il punto saliente dell’accordo non è tanto l’ammontare del taglio alla produzione, ma il fatto che l’Arabia Saudita e l’Opec siano tornate ad avere una gestione attiva del mercato” del greggio. Questo renderà gli investitori più riluttanti a mantenere o assumere posizioni short significative sull’oro nero. Wittner si aspetta che il greggio raggiungerà i 60 dollari al barile alla fine dell’anno. Goldman Sachs crede addirittura che “se il taglio dei livelli di produzione” proposto dall’Opec “verrà applicato rigorosamente”, finendo per sostenere i prezzi, con molta probabilità, “si rivelerà controproducente nel medio periodo” in quanto scatenerà una serie di trivellazioni in tutto il mondo.

In ogni caso la stretta ai rubinetti (per ora solo annunciata, va ribadito) è la prima dal 2008 e mostra una qualche rinnovata vitalità del cartello. E forse un crescente disagio del Paese capofila, l’Arabia Saudita, a mantenere la linea di eccesso di offerta che ha fatto collassare i prezzi. Secondo molti con il malcelato obiettivo di ottenere in un colpo solo sia di fare lo sgambetto all’Iran, il rivale storico nel suo rientro sul mercato, sia le nuove produzioni del Nord America, basate su sabbie bituminose e frammentazione idrolitica. Ma anche questi neo concorrenti non sono stati falcidiati come forse speravano i sauditi e nel caso in cui le quotazioni dovessero risalire potrebbero ritornare in gioco.

(Pubblicato su MF, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

Cosa succederà ai prezzi del petrolio dopo l'accordicchio Opec ad Algeri?

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