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Da Messina a Siena, passando per Roma. Ovvero, Ponte sullo Stretto fresco di (ennesimo) rilancio , caos intorno a Mps e il referendum su cui Palazzo Chigi si gioca il tutto per tutto, o quasi. Gian Maria Gros-Pietro, presidente di Intesa, ha affrontato ieri parecchi argomenti mentre faceva il suo ingresso in commissione Finanze, alla Camera, dove è stato audito. Che cosa ha detto?

PONTE? SI PUO’ FARE, MA…

Conversando con i cronisti, il presidente della prima banca italiana ha parzialmente aperto alla possibilità di realizzare il Ponte tra Reggio Calabria e Messina, dopo che il premier Matteo Renzi ha rispolverato il dossier, con tanto di cifre sull’impatto occupazionale. L’idea, dice Gros-Pietro, è buona, Intesa potrebbe anche metterci del suo, ma ci sono delle condizioni. “Va valutato sotto il profilo tecnico, politico e finanziario. C’è necessità di trovare i fondi” per costruirlo e “se c’è un progetto sano, tecnicamente fattibile, siamo sicuramente interessati alla possibilità di finanziarlo”. Anche perché l’Italia ha la capacità di farlo e non tutti i Paesi del mondo ce l’hanno”.

REFERENDUM, MEGLIO LA STABILITA’

Altro capitolo, il referendum costituzionale di dicembre. Un banchiere ragiona da banchiere e la prima preoccupazione è che la consultazione non destabilizzi il Paese, ovvero la sua economia. Sul referendum costituzionale “c’è una grandissima aspettativa sull’esito. A noi come banca interessa che la vicenda non metta a rischio la stabilità politica del Paese, da questa discendono altri tipi di stabilita: la risposta, quale che sia, non deve mettere a rischio la stabilità economica e sociale del Paese”, ha detto l’economista alla presidenza della banca guidata dall’ad Carlo Messina.

MPS, LA PORTA (RESTA) CHIUSA

Entrando nel vivo delle questione bancarie, il primo tema è quello di Mps, su cui Gros Petro ha escluso ogni intervento o interessamento di banca Intesa, respingendo tale ipotesi e ribadendo che “la posizione nostra è quella delle scorse settimane e non cambia”. Dunque, Ca’ de Sass si tira fuori una volta per tutte dalla partite di Siena, alle prese con un delicatissimo aumento di capitale dagli esiti ancora incerti.

SOFFERENZE IN STILE INTESA

Il gruppo creditizio capitanato da Messina ha una sua precisa strategia nella gestione del suo portafoglio sofferenze. Davanti ai deputati della commissione Finanze, Gros-Pietro ha chiarito il modus operandi di Intesa: “Siamo favorevoli alla riduzione dei crediti deteriorati ma nei limiti del possibile non intendiamo cedere tali crediti a investitori speculativi”. Gros-Pietro ha sottolineato che “dietro i crediti deteriorati ci sono soprattutto imprese in difficoltà e il nostro obiettivo è riportare in bonis queste imprese”. Nel primo semestre sono 10 mila le imprese riportate in bonis e circa 40 mila in due anni.

COME SE LA CAVA INTESA CON I CREDITI DUBBI

Il presidente di Intesa Sanpaolo ha inoltre ricordato alcuni numeri che certificano la solidità dell’istituto. Ad esempio i crediti deteriorati oggi sono “coperti al 47%” e considerando le garanzie, il grado di copertura arriva al 146%. Il Cet1 è al 12,6% rispetto al 9,5% richiesto dalle regole di Basilea 3, quindi “abbiamo un buffer di capitale, un eccesso, pari a 10 miliardi”. Il patrimonio dell’istituto è 47 miliardi di euro e la liquidità disponibile ammonta a 69 miliardi, più altri 61 miliardi di attivi liquidi.

LA BREXIT? UN’OPPORTUNITA’

I ragionamenti del banchiere si sono spinti fino al Regno Unito fresco di Brexit. Per il banchiere torinese ci sono pochi dubbi. L’uscita di Londra dall’Ue è un’opportunità. “La Brexit  potrà incidere? Come e quanto? Mi sembra evidente che non c’è una conformità di giudizi. La nostra aspettativa è che si potranno aprire delle opportunità: ci saranno dei problemi per coloro che  operano dal Regno Unito ad agire tranquillamente e senza ostacoli sul mercato europeo e quindi, siccome noi abbiamo  anche una grande piazza finanziaria in Italia, che è Milano, possiamo avere delle legittime ambizioni”.

Intesa Sanpaolo, ecco cosa pensa Gros-Pietro di Mps, referendum e Ponte di Messina

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Matteo Renzi, il referendum e la politica del cuore

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