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Australia, Giappone, Corea del Sud e Nuova Zelanda, i Paesi che dal summit del 2022 vengono definiti gli “IP4”, sono diventati attori-chiave nelle strategie di sicurezza della Nato, unendo forze per affrontare le crescenti sfide poste dalla Cina e dalla Russia, e dal loro complesso abbraccio. E anche al Summit Nato di Washington di questi giorni, l’attenzione globale si è focalizzata sulle dinamiche emergenti tra l’Alleanza Atlantica e l’Indo-Pacifico, muovendosi su quelle interconnessioni geostrategiche che scorrono lungo l’Indo Mediterraneo — focus di attenzioni speciali del fianco sud o “vicinato meridionale”.

Sono le evoluzioni del contesto politico internazionale che fanno guadagnare via via nuovi impulsi alla cooperazione tra Nato e IP4. La guerra russa in Ucraina e le crescenti ambizioni militari della Cina, che si estendono dal Mar Cinese al Mediterraneo, hanno catalizzato un avvicinamento strategico tra l’alleanza e i suoi partner indo-pacifici. Processo che durante il summit, Jens Stoltenberg, Segretario generale uscente, ha sottolineato come elemento di sicura continuità: anche sotto il suo successore Mark Rutte, l’Alleanza continuerà a intensificare la cooperazione con i quattro (e forse con altri partner indo-pacifici) in settori cruciali come la sicurezza cibernetica, la difesa marittima e le tecnologie emergenti.

È stato Antony Blinken, segretario di Stato degli Stati Uniti, pilone dell’alleanza, a ribadire ulteriormente l’importanza di queste partnership, affermando che il rafforzamento dei legami è essenziale per mantenere l’ordine internazionale basato su regole e affrontare le minacce globali. Ossia, è fondamentale per la stabilità delle democrazie, che la Nato raggruppa militarmente e i cui valori sono ormai prerogativa la politica internazionale per come viene interpretata da Usa, Ue, Nato e like-minded.

La Cina, chiamata in causa direttamente, ha reagito con fermezza a questo che potrebbe rappresentare un crescente coinvolgimento della Nato nella regione indo-pacifica (sulla cui opportunità c’è ampia dibattito, come si raccontava in IPS10072024). Pechino percepisce questa espansione come un tentativo di contenimento che potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione. Stoltenberg è stato chiaro quando ha descritto la Cina come un “principale abilitante” della guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina, evidenziando il ruolo critico di Pechino nel fornire componenti militari essenziali a Mosca come a indicare un fattore di reciprocità.

Questo allineamento tra Cina e Russia è d’altronde visto dalla Nato come una minaccia diretta alla sicurezza euro-atlantica, tanto quanto è letto con preoccupazione nell’Indo Pacifico, dove le dinamiche russo-ucraine si aprono anche al supporto di Pyongyang a Mosca e per estensione alle dinamiche della Shanghai Cooperation Organization. Lo ha spiegato chiaramente il presidente sudcoreano, Yoon Suk-yeol, a Washington con gli altri leader dell’IP4. Nel il suo intervento al Nato Public Forum, ha detto: “Stiamo assistendo a una nuova struttura di competizioni e conflitti che mette in discussione i valori universali che abbiamo protetto”.

Con Seul che sta valutando se aprire a forniture più strutturate a Kyiv come risposta alla cooperazione Mosca-Pyongyang, Yoon ha enfatizzato che “la comunità internazionale affronta minacce complesse alla sicurezza che un singolo Paese non può risolvere da solo”, sottolineando la necessità di una risposta coordinata globale tra like-minded e l’importanza di collaborare per affrontare queste sfide comuni e preservare l’ordine internazionale basato su regole.

Nello stesso contesto, anche Kurt Campbell, vice segretario di Stato americano ed ex Indo-Pacific Czar dell’amministrazione Biden, ha evidenziato l’importanza strategica del dialogo Est-Ovest: “Siamo tutti preoccupati dal supporto della Cina alla guerra di Putin contro l’Ucraina. Questo ci ricorda i legami profondi tra la sicurezza euro-atlantica e quella dell’Indo Pacifico”. E se c’è un elemento definitivo di questo vertice, è l’ufficializzazione di questa saldatura che produrrà reazioni e azioni nel prossimo.

Un altro aspetto significativo emerso in quest’ottica durante il summit è stato l’interesse della Nato nello sfruttare le capacità produttive di Corea del Sud, Giappone e Australia per ricostituire le scorte militari. Questi paesi, con le loro avanzate industrie della difesa, descritto come “i nuovi fabbri della Nato” in un articolo dell’Asia Nikkei, potrebbero essere in grado di fornire supporto logistico e tecnologico essenziale. E la collaborazione potrebbe mirare rafforzare, attraverso di loro, la resilienza e la capacità di risposta congiunta di fronte alle crescenti minacce globali.

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