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“Non è roba mia, i 18 mila nickname nel mio pc chi mi dice che non me li abbiate messi voi con un malware, violando la mia privacy”. Sono queste le parole pronunciate dall’ingegnere Giulio Occhionero nel corso dell’interrogatorio di garanzia che si è tenuto questa mattina 11 gennaio nel carcere di Regina Coeli (qui tutti i dettagli dell’ordinanza dell’arresto).

L’INTERROGATORIO DAVANTI AL GIP

Davanti al giudice delle indagini preliminari, l’ingegnere nucleare accusato di cyberspionaggio ha negato di avere chiesto ad un agente di polizia di informarsi se fosse stata avviata una indagine sul suo conto. E poi riguardo ai server tenuti all’estero ha spiegato: “Non ho mai voluto spiare nessuno, le informazioni mi servivano per la mia attività di consulente finanziario in Borsa. Mi occupo di derivati e le informazioni mi servivano per le mie ricerche” (in questo articolo di Formiche.net si parla delle sue passate esperienze per conto di alcune banche). Poi ha sottolineato: “Negli scatoloni che avete sequestrato troverete soltanto la vecchia contabilità delle mie imprese”.

NESSUNA ATTIVITÀ DI SPIONAGGIO

“Non abbiamo mai carpito dati né svolto attività di spionaggio – hanno sostenuto Occhionero e la sorella Francesca Maria -. Gli indirizzi mail sono pubblici. Non c’è evidenza di sottrazioni digitali illecite”. Il difensore dell’ingegnere, l’avvocato Stefano Parretta, ha detto che il suo assistito “ha respinto tutti gli addebiti e dato chiarimenti su server all’estero per motivi di lavoro. In questa fase stiamo parlando di ipotesi investigative, questa inchiesta è ancora tutta da scrivere”. A parere del penalista “non c’è nessuna evidenza di dati acquisiti in modo illecito. Le mail che sono evidentemente pubbliche e quindi accessibili da chiunque. Nega di avere svolto attività illecite. In relazione agli scatoloni di documentazione acquisiti è la contabilità della società. Se leggete ordinanza si parla solo di indirizzi di posta, dati pubblici che tutti possiamo avere”.

LA SORELLA NON SAPEVA

“La mia assistita, Francesca Maria Occhionero, non era a conoscenza dell’attività del fratello. Sapeva certamente che era legato alla massoneria, ma questa è una cosa risaputa”. Così ha detto l’avvocato Roberto Bottacchiari, difensore della donna, arrestata con il fratello nell’ambito di una inchiesta della Procura di Roma. Il penalista ha poi aggiunto: “In ogni caso non sapeva nulla di questa presunta attività di cyberspionaggio contestata dagli inquirenti. Stiamo parlando di una ipotesi investigativa tutta da provare. Lei non sa neppure usare il computer tanto è vero che un giorno ha avuto bisogno di un tecnico per risolvere un problema informatico”. La Occhionero – ha continuato l’avvocato Bottacchiari – “è laureata in chimica ed ha lavorato nell’azienda del fratello, occupandosi di questioni amministrative, fino al 2013, poi si è messa a cercare lavoro. Viaggia su un Fiat 500 usata e non ha nessuna ricchezza da parte nè è inserita negli ambienti dell’alta finanza”.

NESSUN BENEFICIO ECONOMICO

Dal punto di vista economico “i due fratelli hanno beneficiato della vendita di una villetta a Santa Marinella, di proprietà della madre, che ha fruttato 150mila euro complessivi. Il fatto di avere indirizzi mail è elemento poco significativo perché ognuno di noi li può avere. Loro non hanno password, non hanno carpito dati altrui e non risultano a loro carico neppure tentativi di intrusione illecita”.

Ecco come i fratelli Occhionero si sono difesi davanti al gip

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