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Il 4 novembre il Blog delle Stelle, sito internet direttamente collegato al Movimento 5 Stelle, rilanciava un articolo di un altro sito internet, L’Antidiplomatico, noto agli addetti ai lavori per posizioni pro-Russia. Il pezzo ripreso dal sito grillino raccontava di un’intervista che Julian Assange ha concesso a Russia Today. Nella chiacchierata condotta da John Pilger (giornalista australiano da tempo a Londra, noto per le sue posizioni anti-americane e anti-imperialiste), il fondatore di Wikileaks racconta sul più grosso network televisivo finanziato dal Cremlino che le elezioni americane deve vincerle Donald Trump, il candidato repubblicano, perché la sua concorrente, Hillary Clinton, è il male per una serie di ragioni. Sintesi un po’ tagliata con l’accetta, ma quando Pilger fa una domanda in merito alle donazioni ricevute dalla Clinton Foundation da Qatar e Paesi arabi e arriva poi al punto: “La nascita del gruppo jihadista noto come ISIL o ISIS” (“E’ stato creato in gran parte con i soldi di persone che finanziavano contemporaneamente la Fondazione Clinton?”, chiede esplicito), Assange risponde: “Sì”. (Nota: non è una novità di certo, da anni è riconosciuto che anche soldi partiti da alcuni ricchi estremisti del Golfo arrivano ai gruppi combattenti radicali islamici). Il titolo del post sul blog delle stelle che sottolinea esclusivamente questo passaggio è: “Assange smaschera la Clinton sull’Isis”. La chiusura, la sintesi finale, è lasciata a un virgolettato di Assange: “La mia analisi è che a Trump non è permesso di vincere. Perché dico questo? Perché le banche, l’intelligence, le aziende di armi, i soldi stranieri, ecc. sono tutti uniti dietro Hillary Clinton. E i media pure. I proprietari dei media e i giornalisti stessi sono con Hillary”.

Nella dinamica mentale di chi crede di stare dalla parte di un partito politico perché questo è anti-sistema e anzi cerca di smascherare le macchinazioni di quel sistema, del potere, il virgolettato è una dichiarazione politica (notare che il sistema è inteso esattamente quel che cita Assange, “le banche, l’intelligence, le aziende di armi, i soldi stranieri, ecc”). Gli elettori del M5S non sono chiamati a votare alle elezioni statunitensi, ma dovessero farlo non serve una lettura troppo sofisticata per capire che Trump ne esce come il preferito dal (ri)lancio di articoli del genere. Non è una novità d’altronde: ad aprile, intervistato da Gaia Berruto di Wired, Beppe Grillo passò tra le varie cose anche sulle presidenziali americane. “Il messaggio è sempre lo stesso: bisogna guardare il mondo al contrario: quando i media danno addosso totalmente a qualcuno, vuol dire che è nel giusto” diceva Grillo – e par di sentire Assange che spiega a Russia Today come mai Trump non può vincere, delineando una cospirazione contro di lui che dovrebbe invitare tutti coloro che certi sistemi li vogliono combattere a sostenerlo. Berruto domandava: “Per esempio Donald Trump?”, Grillo rispondeva: “Beh, forse è meno peggio della Clinton. Però se è quello che esprimono oggi gli Stati Uniti, non è una cosa straordinaria”.

Lì si è rimasti. Per il momento non c’è una posizione ufficiale del movimento tra Trump e Hillary, le indiscrezioni che raccontano l’evolversi delle dinamiche politiche in Italia parlano di forte interessamento, Grillo ha incontrato in questi giorni il console americano a Milano Philip Reeker, con il quale avrebbe parlato anche di elezioni. All’interno del partito ci sarebbero posizioni anche contrapposte, e c’è chi ironizza che la linea ufficiale sarebbe pro magnate repubblicano, ma è un po’ imbarazzante esprimerla ed elettoralmente rischiosa (d’altronde appoggi internazionali a Trump sono arrivati ultimamente da personaggi non irreprensibili, tipo Viktor Orban, Nicolas Maduro e Abdel Fattah al Sisi). Mentre manca un’indicazione ufficiale, comunque la via ufficiosa batte la linea Trump: i rilanci a quanto positiva possa essere la vittoria del repubblicano sul web filo-grillino sono molteplici tra simpatizzanti ed elettori. Un esempio: “La vittoria di Trump porterebbe una ripresa del commercio con la Russia, un miglioramento dell’economia italiana ed europea” twittava il 2 novembre, con tanto di immagine su un (non-troppo) fantasioso titolo di giornale di un potenziale 10 novembre vittorioso, l’account @TELADOIOLANIUS, quasi cinquantatré mila follower sotto la foto profilo “Io voto NO!” (riferimento alla riforma costituzionale del 4 dicembre, dove c’è invece una linea politica ufficiale del M5S, il “No” appunto), interessati ai proclami e ai lanci per lo più antigovernativi di “nius“, articoli, informazioni, spesso conditi da un hashtag che è di per sé un biglietto da visita: #PDioti, neologismo grillino facile da comprendere. Sempre di stessa provenienza, data 11 agosto: “Trump: ‘Obama ha creato Isis’. Se volete fare i ok ma sappiamo tutti: la guerra a Iraq ha liberato Isis”, e sul falso titolo di giornale messo come immagine: “Magnate attacca anche Hillary, è la cofondatrice”. Full disclosure: Trump lo ha detto davvero che Obama ha creato l’Isis, e la linea non è troppo diversa da quella di Assange sulla Tv del Cremlino. (Questo genere di rilanci è ricambiato da alcuni altri account che sostengono Trump, che inviano messaggi di sostegno al M5S).

Allora, unire i puntini. Intervistato a luglio da Josua Yaffa del New YorkerAndrei Klimov, vice capo del comitato per gli Affari esteri del Senato russo, aveva detto: “Gli americani dovrebbero scegliere chi vogliono. Se il prossimo presidente americano vuole riconfigurare le relazioni con la Russia per renderle più costruttivo, siamo pronti a incontrarlo/la a metà strada”, una posizione spiegata meglio altrove: “Credo che Trump è il prodotto dello stesso tipo di fermento che sta accadendo in Europa. Le persone sono deluse per lo status quo e per le risposte standard emesse dai politici vecchia linea, e vogliono il cambiamento”. Trump ha dichiarato più volte durante la sua campagna elettorale la necessità di ammorbidire le posizioni di Washington con Mosca e aprire a un rapporto più collaborativo – quello per cui Klimov si sarebbe mosso fino a metà strada –, mentre Clinton è considerata una prosecuzione dell’attuale linea dura con la Russia: per questo capire la preferenza del senatore non è troppo complicato, e d’altronde che la Russia tifi Trump non è una scoperta dell’ultim’ora. Il collegamento con l’Italia? Secondo un articolo di Jacopo Iacoboni della Stampa, che sta seguendo i link del M5S con Mosca, Alessandro Di Battista e Manlio di Stefano, due leader del movimento, si sarebbero incontrati con “due emissari” del presidente russo Vladimir Putin, uno di loro sarebbe stato Klimov: lo scopo degli incontri non era creare una rete italiana di supporto a Trump, chiaro, ma – di più – definire alcune delle linee che i grillini potrebbero seguire sugli affari esteri.

Beppe Grillo

M5S, Beppe Grillo tifa Donald Trump

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