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Ai tempi della “ricapitalizzazione” attuata dal decreto legge numero 133 del 2013, io su queste stesse pagine fui abbastanza severa. L’attenzione la concentrai su quanto fosse pubblica la “nuova” Banca d’Italia e se questa operazione fosse utile ai cittadini scoprendo che la cordata dei poli bancari privati ne costituiva un’altissima percentuale. Già allora mi chiesi se avere le banche private vigilate o vigilande all’interno della struttura associativa della Banca d’Italia, in qualità di azionisti partecipi al capitale e agli utili, così come ora configurate dall’articolo 5 del decreto legge numero 133 del 2013 poi convertito dalla legge numero 5 de 2014, non aiutasse anzi non favorisse le stesse in modo eclatante.

Il dubbio riguarda la sua compatibilità con il sistema della governance istituzionale dell’Eurozona e, in particolare, con la vigilanza bancaria unificata in capo alla BCE per effetto del Meccanismo di vigilanza unico (SSM), di cui all’articolo 6 del regolamento (UE) numero 1024 del 15 ottobre 2013, entrato definitivamente a regime dal terzo trimestre del 2014.

Oggi poi – approfondendo seriamente la questione degli assetti bancari dell’Eurozona – dai dati Eurostat scopriamo che negli anni dal 2007 al 2014 le banche italiane hanno ricevuto interventi di Stato per 1071 milioni di euro mentre la Germania di 238.984 milioni, la Gran Bretagna di 162.528 milioni, la Spagna di 52.473 milioni, l’Irlanda di 41.849 milioni e l’Olanda di 36.290 milioni.

In buona sostanza di aiuti di Stato le banche nostrane ne hanno avuti e parecchi e oggi è evidente che il sistema bancario italiano ha situazioni veramente interrogative sulle quali sarebbe utile che il Ministro Prudenza-pardon-Padoan spiegasse cosa sta succedendo. Del disastro toscano, veneto, marchigiano e ferrarese, abbiamo ben capito chi ha mandato in malora i risparmi dei cittadini spinti a comprare titoli tossici, ma poco invece sappiamo della salute per esempio di UniCredit e Intesa Sanpaolo. Monte dei Paschi di Siena – fino ad un anno fa la terza banca italiana per capitale – con la morte del giovane tesoriere amministratore evidentemente non suicidatosi – è ancora un grande mistero, un macigno che ci sta rovinando con le sofferenze che ha messo in circolo.

Io affermo che stanno spavaldamente abusando della nostra intelligenza: ci sono le sofferenze create dalla vendita ai risparmiatori di veleni e la crisi economica, ma anche il fatto che il nostro sistema non sia passato all’innovazione digitale e non abbia operato una razionalizzazione degli sportelli, dei prodotti e delle persone. Non possiamo dare tutta la colpa all’Europa e tirargli sassate contro dicendo che è tutta colpa delle speculazioni! Dobbiamo essere in grado noi per primi di ammodernare il nostro sistema e condividere la stesura delle nuove regole di Basilea, senza piagnucolare ma mostrando – se le abbiamo – le competenze e il coraggio di tagliare i rami secchi . Questo deve saper fare una classe che si autodefinisce dirigente ma che dimostra sempre di più di non saperlo essere.

Pier Carlo Padoan

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Ai tempi della "ricapitalizzazione" attuata dal decreto legge numero 133 del 2013, io su queste stesse pagine fui abbastanza severa. L’attenzione la concentrai su quanto fosse pubblica la "nuova" Banca d’Italia e se questa operazione fosse utile ai cittadini scoprendo che la cordata dei poli bancari privati ne costituiva un'altissima percentuale. Già allora mi chiesi se avere le banche private vigilate o vigilande all’interno della struttura…

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