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Sono in corso più guerre bancarie. A livello internazionale – sottolinea Gretchen Morgenson in un’approfondita inchiesta sul New York Times del 15 febbraio – il crollo delle azioni bancarie nelle ultimi settimanale è il frutto di una crisi di fiducia ma ha come conseguenza finestre di opportunità di fusioni, acquisizioni e fusioni a prezzi che potrebbero rivelarsi stracciati.

A livello dell’Eurozona, gli attacchi alle azioni degli istituti hanno una componente particolare: i crescenti dubbi sulla sostenibilità del debito sovrano dell’area.

Il governo italiano sta cercando di porre riparo a parte di questi problemi non riducendo la spesa ed il debito pubblico in maniera sufficiente ma promuovendo la fusione o conglomerazione di banche popolari e di credito cooperativo. Ma il provvedimento (un decreto legge in attesa di conversione) non ha vita facile.

Da un canto, numerosi istituti lamentano che l’obbligatorietà della fusione o concentrazione è stata stabilità per istituti il cui capitale non supera un certo livello (esentando di fatto numerose banche cooperative di una regione, la Toscana).

Da un altro si riaccendono antiche polemiche che confermano la tesi del film sulla crisi finanziaria del 2008 (We all fall down di Gary Gasgarth) che vinse il primo premio al Festival del cinema di Boston nel 2009: i territori sono affezionati alle proprie banche locali anche e soprattutto perché possono esercitarne un “controllo locale”, spesso più importante e più pregnante della vigilanza formale.

È in questo contesto che va letta una “guerra bancaria” ignorata da gran parte della stampa: quella dell’area un tempo chiamata Lombardo-Veneto. Gli operosi e prudenti risparmiatori veneti lamentano di essere chiamati a dare il sangue per salvataggi di banche lombardi. Anche i lombardi sono operosi e risparmiatori, ma più avventurosi (anche perché più affascinati dalla globalizzazione di cui, specialmente dopo l’Expo, si sentono protagonisti).

Nello specifico, la vicenda riguarda il Banco Popolare di Verona che viene chiamato a correre in aiuto della Banca Popolare di Milano, per salvarla dopo anni di risultati non entusiasmanti secondo alcuni osservatori. I veneti sostengono, a ragione o a torto, che da decenni che i loro risparmi vengano usati come bancomat per salvare banche lombarde.

I dati sembrano, salvo smentite, dar loro ragione. Cariverona è stata chiamata in soccorso del Credito Italiano. Per non parlare dei rapporti tra la Popolare di Vicenza e la Banca di Lodi.

Le nozze tra Banca Popolare di Milano e Banco Popolare di Verona sono in preparazione, con l’obiettivo di creare un nuovo polo bancario ma non sono stati ancora chiariti la futura governance e il piano industriale. Questa settimana è cruciale anche per i soci della Popolare di Vicenza, il cui cda dovrebbe decidere il valore del recesso per chi non voterà il passaggio a Spa. Dopo il crollo del valore delle azioni da 62 a 48 euro (deciso nei mesi scorsi) si attende un ulteriore e drastico taglio, preludio alle impreviste, ma quasi sicure perdite che il passaggio in Borsa porterà alla luce. Si accavallano anche nodi particolaristici e personalistici

Giuseppe Castagna

Banca Popolare di Milano e Banco Popolare. Chi salva chi?

Sono in corso più guerre bancarie. A livello internazionale - sottolinea Gretchen Morgenson in un’approfondita inchiesta sul New York Times del 15 febbraio - il crollo delle azioni bancarie nelle ultimi settimanale è il frutto di una crisi di fiducia ma ha come conseguenza finestre di opportunità di fusioni, acquisizioni e fusioni a prezzi che potrebbero rivelarsi stracciati. A livello…

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