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Ci sono notti in cui non riesci a prendere sonno e non sai mai cosa fare: se scendere dal letto o provare con ostinazione a chiudere gli occhi.

Ho dovuto fare i conti con un tale dubbio ieri, quando la mezza era passata già da un po’. Allora mi sono alzato e approfittando dell’insonnia, ho scritto un pezzo sul discorso di Obama sullo stato dell’Unione.

Proprio mentre stavo mettendo l’ultimo punto all’articolo, Morfeo mi ha mandato a dire che poteva aspettare ancora una mezz’oretta e -tramite Facebook- mi ha inviato il link dell’intervista di Massimo Giannini a Luigi di Maio, dell’altro ieri a Ballarò. ‘Perfetto’ -mi sono detto-  ‘così mi tengo impegnato ancora un po’ prima di andare finalmente a dormire per come merito’. Ma credetemi, una volta aperto il video ci ho messo poco per iniziare a dubitare sul mio stato di veglia.

L’intervista è stata l’occasione per discutere del caso Quarto che sta scuotendo il Movimento in questi giorni. In particolare si è dibattuto sul presunto coinvolgimento diretto nella vicenda dei membri del direttorio Di Maio, Fico e Di Battista. In alcune intercettazioni agli atti dell’inchiesta della Dda di Napoli infatti, si legge che il sindaco Rosa Capuozzo dice di averli avvertiti di ciò che stava accadendo.

Agganciandosi a questo, Giannini, sin dalle prime battute dell’intervista ha palesato il desiderio di incalzare l’intervistato.

La cosa si è fatta subito appassionante. Insomma, quella che avevo davanti era un’intervista tra uno dei giornalisti più in gamba, con(tro) un ragazzo della mia età che si attesta come una delle promesse della politica italiana. Da una parte il conduttore che non risparmiava colpi bassi e non perdeva occasione per istigare il suo interlocutore, dall’altra un ragazzo attento, freddo e chiaro che dava spiegazioni sui fatti accaduti con estrema sicurezza.

Ad un certo punto però Giannini sembrava entrato nel pallone: lo sguardo basso sui fogli, le domande che aveva preparato non bastavano più, come non erano sufficienti gli stralci di intercettazioni con cui aveva pensato di interrogare di Maio sul suo presunto coinvolgimento nella vicenda.

State facendo un errore madornale! Avrebbe forse voluto dire Di Maio. Ed in fondo è questo che ha detto con parole più contenute. Il vicepresidente della Camera ha infatti chiarito (rimandando gli ascoltatori a controllare i fatti) che le intercettazioni emerse sono piccole frasi estrapolate da un’altra intercettazione risalenti al 24 novembre, in cui lui e la Capuozzo stavano discutendo dell’aumento dei gettoni di presenza come da richiesta del consigliere Nicolais.

Da quel momento in poi l’intervista mi ha causato fastidio puro. Giannini ha continuato la sua lotta imperterrita insistendo nella lettura delle frasi scritte nello stralcio dell’intercettazione. Non aveva afferrato ancora -oppure faceva finta-  che ciò che stava leggendo si riferiva ad un’altra vicenda. Ero sveglio? O forse sognavo? Ho sempre apprezzato Giannini, ma in questa occasione ho dovuto ricredermi.

Mi ha causato fastidio perché un giornalista che fa domande di solito vuole ascoltare, invece  durante tutta l’intervista le sue parole hanno sovrastato quelle di Di Maio. Ma mi ha infastidito più di tutto l’atteggiamento di un professionista che tenta in maniera infima di rifugiare il suo successo nella titubanza, nelle mezze risposte o nelle reazioni di rabbia dell’interlocutore. Reazioni che per fortuna non si sono verificate.  Il grillino non è caduto nella trappola.

Ieri -guardando quell’intervista- ho tifato per Di Maio. Ed ho pensato che Giannini ha sbagliato anche quando ha presentato i dati sulla fiducia nel Movimento 5 Stelle (scesa di qualche punto dopo la vicenda Quarto).

Si è sbagliato perché, quelli come me -che il Movimento non hanno mai pensato di votarlo, né di sostenerlo- ora davanti a spettacoli simili,  in cui la faziosità diventa tangibile, reputano che se il Paese non cambia è anche perché spesso molti remano contro a chi le cose prova a cambiarle.

E adesso qualcuno (magari trascurato da Morfeo)  si ravvederà, ne sono sicuro.

Di Maio-Giannini, il caso Quarto (grado)

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