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La visione comune dei due premier, Matteo Renzi e François Hollande. I business contigui e obbligati alla convergenza. La necessità, per uno degli attori coinvolti, di trovare un partner e una way out dal business. Sono questi i tre indizi che potrebbero portare, il condizionale è d’obbligo, all’acquisizione di Mediaset Premium da parte di Vivendi.

LE MOSSE DI BOLLORE’

Il deal ventilato da mesi – l’alternativa considerata ancora valida in alcuni ambienti finanziari, visto che il dossier almeno fino a novembre e dicembre era caldo, porta a Sky Italia – ieri è stato rilanciato anche dagli organi d’informazione d’Oltralpe, Les Echos su tutti, che per settimane non avevano scritto una riga dell’operazione. Non c’è nulla di certo, al punto che le società non hanno fatto commenti né emesso comunicati, ma è plausibile che il colosso dei media francese che fa riferimento a Vincent Bolloré possa rilevare l’89% della pay tv del Biscione, acquisendo la quota proprio dal network della famiglia Berlusconi (il restante 11% è di Telefonica).

LE IPOTESI ALLO STUDIO

L’operazione allo studio prevederebbe il cambio di assetto societario di Premium che oggi ha un bacino d’utenza di 2 milioni di abbonati, grazie anche all’acquisto dei diritti esclusivi della Champions League (pagati 650-660 milioni) e dei match delle otto migliori squadre della serie A (pacchetto pagato oltre 1 miliardo).

I NUMERI DI PREMIUM

Ma la piattaforma, voluta nel 2005 da Mediaset per contrastare l’egemonia della pay tv satellitare Sky (4,7 milioni di clienti in Italia e 21 milioni su scala europea), non ha mai chiuso un bilancio in utile o in pareggio. Ed è questo il grande cruccio del broadcaster di Cologno che invece l’anno scorso ha beneficiato dell’exploit di Mediaset España e delle performance pubblicitarie: Publitalia incamera il 58% degli investimenti destinati dalle aziende in televisione e il 33% dell’intero mercato nazionale. Ma non va poi trascurato il fatto che la tv generalista sta soffrendo sul fronte degli ascolti. Come certificato dall’Auditel dallo scorso autunno, le emittenti generaliste sono in calo e perdono terreno rispetto alla Rai. Basti dire che nel confronto col gennaio 2015, il totale delle reti di Cologno Monzese, a partire dall’ammiraglia Canale5, perde quasi due punti e mezzo di share in prima serata, e oltre un punto sulle 24 ore.

GLI OBIETTIVI DI MEDIASET

Per questo i vertici di Mediaset, a partire da Pier Silvio Berlusconi, hanno deciso di dare una sterzata e trovare il partner strategico a lungo inseguito. Così se il deal con Sky rischiava di far soccombere nettamente Premium, nella logica che in ogni mercato resiste una sola pay tv, ecco che l’opzione Vivendi può rappresentare un futuro diverso sia per l’emittente a pagamento sia per l’intero network dei Berlusconi.

I PIANI FINANZIARI

Dal punto di vista finanziario il deal dovrebbe ruotare attorno a un enterprise value di Premium di 900 milioni-1 miliardo e il gruppo di Bolloré potrebbe pagare la metà della cifra per cassa e per l’altro 50% in uno scambio carta contro carta. Questo porterebbe Mediaset ad avere una quota vicina al 2% di Vivendi che capitalizza oltre 26 miliardi. Sempre che appunto i valori in campo siano questi. E che si trovi l’intesa pure sulla governance.

GLI SCENARI ITALO-FRANCESI

Ma sull’asse Italia-Francia, all’indomani anche delle dichiarazioni di Renzi (favorevole agli investimenti esteri in Italia anche se ieri è tornato un po’ sui suoi passi sull’apprezzamento a Orange -Telecom) e Hollande (sostenitore dei campioni europei nei settori media e tlc), non è da escludere che la possibile operazione sulla pay tv del Biscione non sia che un primo step per una integrazione più ampia nell’ottica della convergenza con la fusione tra Telecom Italia (13,7 miliardi di capitalizzazione) e Orange (42,3 miliardi di market cap e partecipata dallo Stato francese) con un ruolo di pivot per Vivendi che ha il 23,8% della società guidata da Marco Patuano. Una alleanza che farebbe da contraltare al colosso di Rupert Murdoch. Con Premium che potrebbe diventare la piattaforma pay di Telecom (concentrata sullo sviluppo della fibra) oggi invece un hub anche per altri operatori compresa la stessa Sky.

(Questo articolo è stato pubblicato su MF/Milano Finanza, quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

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