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La Bce si allinea all’Eba sull’ammontare massimo distribuibile dalle banche, detto in gergo Mda. La notizia è di qualche giorno fa: distribuire bonus, dividendi e cedole diventerà più difficile per le banche e sarà vietato appena i livelli di capitale finiscono sotto i minimi regolamentari. Una norma che esisteva ma che era fino ad oggi interpretabile: da domani invece l’Mda dipende dalla somma tra il Pillar1 (in sostanza il Cet1) e i requisiti prudenziali Pillar 2, in sostanza il buffer di sicurezza che le banche devono avere per affrontare i tempi grami.

DIVIETO DI CEDOLA SE IL CET1 VA SOTTO IL 10%
“Questa presa di posizione della Bce – scrivono in un report gli analisti di Morgan Stanley – implica che il Cet1 minimo che una banca dell’Eurozona deve rispettare per evitare restrizioni sulla distribuzione sia in media del 10%, significativamente più alto di quello che ritenevamo si aspettasse il mercato”. Che il Pillar2 fosse da includere nell’Mda era noto già per le banche francesi e tedesche ma il fatto che ora lo affermi anche la Bce renderà maggiore la “trasparenza su questi requisiti – continuano gli analisti di MS – da parte di tutti gli emittenti di bond perpetui additional Tier 1 tedesche, olandesi e irlandesi (obbligazioni che partecipano all’assorbimento delle perdite della banca nel caso in cui gli indici patrimoniali dell’istituto scendano sotto un certo livello, ndr)”.

CHI HA MENO SPAZIO DI MANOVRA
In dettaglio, è possibile ora sapere quali saranno le banche che avranno maggiori vincoli alle cedole. Ovvero, sempre secondo l’analisi di Morgan Stanley, le francesi “Bnp Paribas, Credit Agricole e SocGen, con appena 89, 94 e 135 punti base di margine perché il Cet1 non finisca sotto la soglia minima fissata da Francoforte. Anche Unicredit continua ad apparire molto a rischio con appena 53 punti base di margine e dunque consigliamo di vendere tutte le obbligazioni At1 di questi emittenti”, a fronte di un generale overweight sul settore bancario europeo e sulle emissioni At1 nel loro complesso.

DETTAGLI ANCORA IGNOTI
Quello che ancora non è chiaro è come si compone nel dettaglio il Cet1 delle singole banche. “Abbiamo una sogli – scrivono Case e Ineke – ma ignoriamo se ci siano differenze nelle deficienze di At1 o Tier2 nel Pillar1, che è fatto per il 4,5% di Cet1, l’1,5% di At1 e il 2% di Tier2, come previsto dall’articolo 92 della Capital requirements regulation. E non sappiamo se le restrizioni si applicano sul valore del buffer (Ccb) completamente applicato o scaglionato nel tempo”. E questo elemento, che varia anche da Paese a Paese, è fondamentale per la questione della distribuzione di cedole e bonus.

IL WORDING BCE
“Le parole utilizzate dalla Bce sono le seguenti – riposano gli analisti di MS – Se il valore è sotto il minimo della somma tra Pillar 1 e Pillar 2, tutti i pagamenti discrezionali sono completamente vietati, indipendentemente dall’Mda. Per esempio, Santander deve avere un Cet1 al 9,75% di cui 4,5% Pillar 1 e Pillar2 + Ccb al 5%: se la componente Ccb è completamente applicata, ovvero al 2,5%, allora per dire addio alla cedola basta un 7% di Cet1 (4,5% del Pillar1 + 2,5% del Ccb), mentre se il Ccb è scaglionato, allo 0,625% per il 2016, il divieto scatta a un livello più alto, ovvero con l’8,875% di Cet1 (Pillar1 + 4,375% del Pillar2)”. Il divieto quindi è più probabile con un Ccb scaglionato, anche se il rischio diminuisce nel tempo, un effetto che Morgan Stanley definisce “perverso”.
Ma indipendentemente da queste minuzie, il caso base di MS prevede che il divieto scatti a ogni violazione dei requisiti di Cet1, che “ci aspettiamo possa essere causata da una forte perdita, più che da un aumento dei Risk weighted asset”.

POSITIVI SULLE BANCHE CON CET1 ALTO
“In generale – affermano ancora gli analisti della banca d’affari Usa – rimaniamo positivi sulle banche con un ampio margine di azione e sopra il loro Cet1 minimo. Inoltre, abbiamo aumentato le nostre slime di Pillar2 da 200 a 437,5 punti base per le banche che non hanno ancora reso pubblici i numeri, per portarle in linea con la media di quelle che lo hanno fatto”.

Unicredit, Bnp, Agricole. Ecco i giudizi di Morgan Stanley sui bond

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