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Da un punto di vista macroeconomico, ritengo che l’andamento del prezzo del petrolio continuerà a giocare un ruolo fondamentale sui mercati. Nelle nostre recenti pubblicazioni abbiamo sottolineato che il 2016 potrebbe essere l’ultimo anno negativo per il petrolio. Difatti, anche se non si raggiungerà nuovamente un equilibrio sul mercato del petrolio prima del 2019, la differenza fra la crescita dell’offerta di greggio e la domanda dovrebbe raggiungere il suo massimo quest’anno. Questo punto è coerente con un minimo toccato dall’oro nero sull’anno in corso.

Ma di quanto potrà ancora scendere il prezzo del petrolio? Dopo un’opinione particolarmente bear lo scorso anno, riteniamo che i rischi sull’andamento del petrolio siano adesso più bilanciati. E anche il nostro team equity con coverage sul settore Oil, che ha una view particolarmente negativa, non ritiene che il petrolio possa stare per un lungo periodo di tempo al di sotto dei 20 dollari a barile alla luce del crollo brutale della produzione di scisto che tale livello innescherebbe. I nostri analisti stimano che il livello del brent si attesterà su livelli pari a quelli attuali durante i prossimi mesi. Vi è, tuttavia, il rischio che il petrolio possa scendere ulteriormente nel breve periodo.

A prescindere dallo scenario, va, tuttavia, evidenziato che l’impatto positivo del calo del prezzo dell’oro nero sui consumi è ormai molto basso. L’impatto sui consumi dipende, infatti, dalla variazione assoluta del prezzo del petrolio, e non da quella relativa. Dopo aver perso 50 dollari nel 2014 e altri 30 lo scorso anno, un ulteriore calo di 10 dollari avrebbe un impatto solo marginale sui consumi. Il calo del petrolio registrato nel 2015 aumenterà, quindi, la spesa dei consumatori nel primo semestre ma, a partire dal secondo semestre, l’impatto dell’andamento del greggio sui consumi sarà limitato. Ormai un ulteriore calo del prezzo del petrolio rappresenta quindi solo una notizia negativa per l’economica mondiale dato che influenza negativamente l’High Yield degli Stati Uniti e penalizza i mercati emergenti aumentandone l’instabilità politica.

Per concludere, il prossimo dibattito sarà, dunque, capire se la correzione che ha interessato le materie prime, il mercato azionario e quello obbligazionario Usa ad inizio anno possa innescare un peggioramento  dell’outlook economico. Sebbene la crescita del PIL Usa nel Q4 potrebbe essere debole a causa dell’andamento delle scorte, il ciclo di riduzione dovrebbe calmarsi nei prossimi mesi; nell’Eurozona, gli indicatori economici sono solidi; mentre sui mercati emergenti, i dati cinesi sono stati più coerenti con il miglioramento dei leading indicators registrato nei paesi del Sud-Est asiatico questo mese.

Tutto sommato, per far deragliare il mini-ciclo corrente, avremmo bisogno di una correzione molto più severa sui mercati azionari, una correzione tale da produrre un effetto ricchezza negativo sull’economia americana. Sul credito Usa, lo stress rimane limitato al segmento Oil Exploration mentre il deterioramento sugli altri settori è ancora molto graduale. Per tale motivo riteniamo che il recente stress abbia avuto un impatto limitato sull’economia globale fino ad ora. Tuttavia, è necessario monitorare attentamente il mercato azionario e obbligazionario. Il prezzo del petrolio fa parte dell’equazione visto che la stabilità dell’oro nero è necessaria per permettere ai mercati di essere più positivi. Le prossime due settimane saranno centrali nel determinare il giusto scenario.

Perché il petrolio a basso costo ha poco impatto sui consumi

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