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Continuano a ostentare calma e sicurezza le autorità russe, anche se non con la stessa convinzione di qualche mese fa. Con la crisi economica convivono già da un po’ di tempo, ma il crollo del prezzo del petrolio è un affare ben diverso dalla perdita di valore del rublo e il governo è a corto di soldi. Perché il bilancio federale di Vladimir Putin è costruito su un prezzo medio del petrolio di 82 dollari al barile, mentre il greggio è ora sprofondato al di sotto di 30 dollari. Per giunta le previsioni parlano di quotazioni basse per alcuni anni e così la Russia è costretta a mettere mano al budget statale avviando una serie di tagli.

Che i conti siano insostenibili lo ha fatto capire il premier Dmitri Medvedev quando nei giorni scorsi ha ammesso che se il petrolio scenderà ancora bisognerà prepararsi al peggio, e poi lo ha detto senza mezzi termini il ministro delle finanze Anton Siluanov che, parlando alla tv del bilancio pubblico della Russia, ha spiegato come serva cambiare strategia e accelerare sulle privatizzazioni. Attraverso la vendita degli asset statali il ministro delle finanze intende raccogliere sul mercato oltre 12 miliardi di euro nel giro di due anni.

«Cambieremo seriamente il nostro approccio alla privatizzazione», ha detto Siluanov nell’intervista al canale Rossiya-24. «Il governo russo sta preparando proposte per cedere le partecipazioni in grandi aziende». A essere destinate alla privatizzazione in primis sono due società petrolifere: il colosso Rosneft e la più piccola Bashneft. Già nel 2013 il governo, che possiede il 69,5% di Rosneft, aveva avviato le procedure per cedere una quota del 19,5%, ma poi tutto si è arenato. Ora il ministero delle finanze vuole premere sull’acceleratore, ma non tutti sono d’accordo. Primo tra tutti Igor Sechin, amministratore delegato di Rosneft e molto vicino a Putin (anche lui è un ex agente segreto): il manager sostiene che la privatizzazione dovrebbe essere posticipata, aspettando che i prezzi del petrolio (e quindi anche delle azioni della società) siano più elevati.

Durante il Gaidar economic forum il governo russo ha profilato un taglio del 10% al bilancio 2016 e il ministro dello sviluppo economico Alexei Ulyukayev, sempre in tema di privatizzazioni, ha ipotizzato che lo stato possa uscire dalle due maggiori banche del paese: Sberbank e Vtb.

Al forum di Mosca le scelte di Putin e Medvedev sono state apertamente criticate dall’ex ministro dell’economia Alexei Kudrin che, nonostante le osservazioni al vetriolo dirette al leader, secondo alcuni media potrebbe rientrare a far parte del governo. «L’economia russa è in un circolo vizioso», ha detto Kudrin specificando che il taglio del budget statale del 10% è una previsione sin troppo ottimistica. «Il governo deve tagliare le spese, tuttavia non saprei dove direzionare i tagli, visto che sono già stati fatti su educazione e sanità. Le riduzioni di spesa della Difesa, però, non possono essere evitate, la Difesa non è una vacca sacra intoccabile».

Intanto, i tagli si manifestano nei programmi spaziali. Roscosmos, l’agenzia spaziale federale russa, diminuirà di 30 miliardi di rubli (358 milioni di euro) la spesa di manutenzione della stazione spaziale internazionale, secondo quanto riportato dal quotidiano Izvestija, ma soprattutto il programma spaziale decennale dell’agenzia è stato ridotto di quasi un quarto rispetto ad aprile e lo stanziamento previsto nei prossimi dieci anni è ora di circa 20 miliardi di euro.

(Pubblichiamo questo articolo uscito sul quotidiano Italia Oggi diretto da Pierluigi Magnaschi grazie all’autorizzazione del gruppo Class Editori)
putin russia

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