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“La legge elettorale non si tocca”: l’ordine di scuderia impartito da Palazzo Chigi tiene fermamente il punto e nessuno, neppure i tanti infuocati grillini, al momento sembra voler riaprire una partita assai complicata e, per tutti, pericolosa. Eppure il Premier sa bene che i rischi sono molto elevati, che il premio alla lista può diventare un’arma a doppio taglio e che difficilmente potrà replicare la performance elettorale delle europee 2014 e vincere al primo turno.

Ecco che i “piccoli -ma meditati ed assai accorti- svolazzamenti” di Verdini possono rientrare nella grande partita, puntare al bersaglio grosso (la modifica dell’Italicum) e divenire utili anche al Premier. Tempi e spazi politici ce ne sono nonostante l’intramontabile ed ineludibile ipotesi di ricorso al voto anticipato.

L’idea del grande centro, ventilata dal prof. D’Alimonte, che dovrebbe passare per l’aggregazione tra Ala e Scelta Civica con successiva incorporazione di Area Popolare, deve fare i conti in primo luogo con le dinamiche interne al PD. Se dal “partitone” dovesse uscire l’ala sinistra e divenire in tutto e per tutto il Partito della Nazione la partita sarebbe chiusa: il futuribile “grande” centro non servirebbe più, le varie anime e i vari svolazzamenti centristi potrebbero confluire -senza rinnegare il proprio passato- direttamente nel partito del Premier e l’Italicum sarebbe salvo.

Ma se il PD, nonostante le continue baruffe interne ed i complotti -più o meno credibili- per sostituire il segretario, dovesse comunque marciare di conserva, un centro consistente capace di superare abbondantemente lo sbarramento del 3% e divenire un elemento determinante al ballottaggio, servirebbe eccome.

Ecco che “il piano Verdini” con la fondazione -per incorporazioni lente e successive “in queste cose-ha ricordato Verdini a Porta a Porta- non bisogna avere furia”- di un robusto partito centrista e la conseguente modifica della legge elettorale, potrebbero tornare assai utili non solo al Premier ma all’intera area di Governo.

In tale prospettiva, facendo salva la filosofia del premio alla lista più votata -a cui potrebbe essere comunque garantita una porzione maggioritaria del premio di maggioranza-, bisognerebbe trovare un escamotage tecnico (a cui, secondo quanto è dato capire, si sta già alacremente lavorando) per riservare una quota parte (porzione minoritaria) del premio alle liste che avendo superato la soglia di sbarramento, si sono -formalmente- “coalizzate” al secondo turno.

Un passaggio assolutamente non semplice e non proprio indolore (il PD dovrebbe rinunciate a decine di ambite poltrone) capace, fra l’altro, di innescare dinamiche difficili da prevedere e governare. Scoperchiare una pentola chiusa a forza con un mal digerito voto di fiducia potrebbe rivelarsi tutt’altro che propizio.
L’idea dei piccoli svolazzamenti, appare assai saggia anche per Renzi.

Ecco le vere mire di Verdini utili a Renzi

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