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Il colosso americano dell’informatica Ibm ha deciso di chiudere completamente il suo reparto di ricerca e sviluppo in Cina, con conseguenti licenziamenti che interesseranno oltre 1.000 posti di lavoro. La decisione arriva a 40 anni dall’ingresso in quel mercato, nel momento in cui l’azienda sta lottando contro il calo della domanda di hardware e le sfide nei mercati in crescita come quello cinese.

Il Wall Street Journal ha spiegato che l’azienda sta trasferendo le sue funzioni in ricerca e sviluppo dalla Cina ad altre strutture all’estero, come ha detto il dirigente Jack Hergenrother ai dipendenti durante un incontro virtuale lunedì mattina, secondo i dipendenti che hanno partecipato. Per esempio, l’azienda si sta rafforzando con altri ingegneri e ricercatori anche a Bengaluru, in India. Pesano le tensioni geopolitiche tra Stati Uniti e Cina, come osserva il Wall Street Journal. Queste hanno già portato molte aziende multinazionali a rivedere la propria attività in Cina, con alcune che hanno licenziato dipendenti e trasferito le operazioni in altri Paesi. Per esempio, a maggio, Microsoft si è offerta di trasferire centinaia di dipendenti cinesi impegnati su cloud e intelligenza artificiale di fronte alla stretta statunitense sulle tecnologie sensibili.

Un tempo Ibm vedeva la Cina come un importante mercato in crescita, ma la sua quota di mercato è crollata negli ultimi anni poiché i concorrenti locali hanno migliorato i loro servizi e Pechino ha spinto gli acquirenti cinesi ad acquistare di più dai fornitori di tecnologia nazionali, in una campagna soprannominata “Delete America”. Ibm, che in Cina serve in particolare le società statali, ha affermato che i suoi ricavi in Cina sono diminuiti del 19,6% lo scorso anno. Le aziende statunitensi che fanno affari in Cina devono anche affrontare un controllo più severo da parte dei decisori politici americani in aree strategiche come l’intelligenza artificiale.

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