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Scintille e nervosismi, ma anche molta sintonia sulla Corte Suprema, dopo la scomparsa, a 79 anni, del giudice conservatore italoamericano Antonin Scalia: i candidati alla nomination repubblicana vogliono che non sia il presidente Barack Obama a designarne il successore e chiedono al Senato, dove c’è una maggioranza del Gop, di impedire che ciò avvenga.

Ovviamente, i democratici non la pensano allo stesso modo. Dopo avere espresso cordoglio per la morte del giudice Scalia, Hillary Clinton ricorda che la nomina del successore, che dev’essere indicato dal presidente e confermato dal Senato, è un dovere costituzionale. Bernie Sanders dice: “Non la pensavo come lui, ma era un uomo di valore”.

Il dibattito è trasmesso sulla Cbs da Greenville, nella South Carolina, dove sabato prossimo ci sarà il prossimo test elettorale. Gli aspiranti repubblicani si presentano dopo che un sondaggio Reuters ne conferma sostanzialmente le posizioni su scala nazionale: Donald Trump avanti sfiorando il 40% dei consensi, oltre il doppio di Ted Cruz (poco meno del 19%); Marco Rubio è terzo, oltre l’11%; Ben Carson conserva quasi il 9%. Jeb Bush, con oltre il 7%, e John Kasich lievitano un po’, ma non fanno balzi.

Dopo il volto nel New Hampshire, pare chiaro, anche dal comportamento dei donatori del partito, che resta da capire chi, tra Rubio, Bush e Kasich, emergerà come l’anti-Trump dei moderati: secondo Politico, molti finanziatori tengono i cordoni della borsa stretti proprio in attesa di vedere emergere un ‘campione’ credibile in prospettiva elettorale.

Ovviamente, Kasich, che nel New Hampshire è andato bene, si propone: “La gente riconosce che sono capace di unire. I lavoratori democratici voteranno per me”, dice, sostenendo che il partito democratico li ha allontanati da sé “con tutto ‘sto parlare di socialismo”, una stoccata a Sanders, che si presenta come ‘socialista’.  Diversi leader della comunità afroamericana in South Carolina appoggiano Kasich e invitano a votarlo, anche se gran parte della comunità afroamericana è incline a votare democratico.

Il dibattito offre tutta una serie di schermaglie a due a due: Trump e Cruz si contendono il primato del più conservatore (così come, fra i democratici, la Clinton e Sanders si contendono la qualifica di progressista); Kasich strizza l’occhio ai ‘latinos’ e avverte i rivali che le loro posizioni sull’immigrazione sono foriere di sconfitta all’Election Day l’8 novembre; Rubio e Cruz, entrambi di origini cubane, fanno a chi parla meglio lo spagnolo e il senatore del Texas risponde in spagnolo a quello della Florida, che lo accusa di non capire la lingua.

Ovviamente, non mancano i soliti battibecchi tra Trump e Bush, questa volta sulla politica estera, sul ruolo della Russia in Siria e sugli errori di George W. Bush, il fratello di Jeb ex presidente, nell’invadere l’Iraq mentendo agli americani sul perché di quella decisione.

Rubio, dopo il passo falso nel dibattito in New Hampshire, fra le cause del suo modesto risultato là, è smanioso di rifarsi: critica Bill Clinton per non avere eliminato Osama Bin Laden negli Anni 90, ma implicitamente elogia Obama per averlo fatto.

Quanto ai buoni propositi di Trump di evitare offese e volgarità (“offende per ottenere consensi”, è la tesi della Clinton), lui sostiene che usarle gli serve “per dare forza a un concetto”. Singolare la tesi che la forza di un’idea stia nella grevità con cui viene espressa.

Per ulteriori approfondimenti sulle elezioni presidenziali americane, clicca qui per accedere al blog di Giampiero Gramaglia, Gp News Usa 2016

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