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Non s’erano mai viste così tante risse, e ricorsi, e veti sulle candidature: e le chiamano primarie. Da Napoli a Milano, passando per Roma dove tutte le grane portano, i partiti faticano non solo a trovare personalità che possano attrarre un elettorato disincantato, soprattutto in vista di elezioni amministrative, ma persino nomi graditi a tutti i componenti delle coalizioni. Emblematici e speculari sono gli scontri a distana fra Matteo Renzi e la sua minoranza nel Pd e Silvio Berlusconi e i suoi alleati nel centrodestra. Se nel primo caso volano parole grosse tra Renzi e Bersani in nome dell’Ulivo che fu, nel secondo volano addirittura i candidati per il Campidoglio. Allo stato si è capito che Berlusconi vuole Guido Bertolaso aspirante sindaco, che Salvini vuole la Meloni, e che la Meloni vorrebbe tanto partecipare, ma non può, perché preferisce pensare al figlio che ha in grembo. Sembra la celebre filastroca di Branduardi, quella del cane che morse il gatto che si mangiò il topo. Alla fine del girotondo e, nel caso del centrodestra, dei “no” che ciascun leader proferisce nei confronti dell’altro, non si comprende ancora chi resterà in piedi a sfidare gli avversari.

Se Renzi, riferendosi alle scelte organizzative e nominative di Napoli contestate da Bassolino, dice che senza primarie “vincono i capibastone”, a sua volta Berlusconi se la prende con i professionisti della politica e con chi ha percentuali irrisorie di consensi a Roma, cioè con Salvini, pur di difendere la candidatura di Bertolaso sott’attacco. Polemiche durissime, ma molto singolari, perché non sono rivolte contro i concorrenti fuori, ma contro gli oppositori in casa. I quali, peraltro, non rinunciano all’idea né di presentare candidati alternativi né di abbandonare il partito di riferimento, come lo stesso D’Alema per la prima volta non ha escluso che potrà accadere per il Pd.

Il centrosinistra se le canta a Napoli e il centrodestra se le suona a Roma. Per entrambi è il problema della leadership che continua a covare sotto la cenere. A sinistra non si accetta il ruolo forte di Renzi, che per di più è presidente del Consiglio. A destra è l’ingombrante, ma ancora determinante Berlusconi con le sue scelte a creare i dissensi.  È evidente chi potrà approfittare degli scontri paralleli in atto: i candidati Cinque Stelle e quanti, come Marchini a Roma, rivendicano d’essere distinti e distanti dalla politica litigiosa.

Articolo pubblicato su L’Arena di Verona, Il Giornale di Vicenza e Bresciaggi e tratto dal sito www.federicoguiglia.com

Che cosa succede nel centrodestra e nel centrosinistra a Roma e Napoli

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