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Con la mostra realizzata a Lugano con il Patrocinio del Vicariato di Roma in occasione del Giubileo Straordinario della Misericordia e della Conoscenza, visibile dal 18 marzo e fino al 22 maggio, la Collezione Giancarlo e Danna Olgiati presenta presso lo Spazio -1 un allestimento tematico dedicato alla croce, il simbolo universale della sofferenza. Una selezione di opere, provenienti oltre che dalla collezione Olgiati anche da prestiti museali e da altre raccolte private, dal Seicento ai giorni nostri, grazie alle quali indagare la complessità e il mistero del simbolo della Croce nell’arte.
Documentata fin dall’antichità più remota la Croce è, tra le figure geometriche, il terzo simbolo  fondamentale (dopo il cerchio e il quadrato). Nel Cristianesimo ha successivamente assunto diverse raffigurazioni e significati: il Crocefisso, il Cristo, il Verbo, la Seconda Persona della Trinità. Tramite un approccio dichiaratamente laico e, al contempo, rispettoso della dimensione del Sacro, l’esposizione propone opere di artisti che, in diverse epoche, con diverse attitudini filosofico-religiose e differenti linguaggi, hanno affrontato il tema della sofferenza umana.
Le opere selezionate per la mostra (dipinti, fotografie, bassorilievi e sculture) attraversano tutto il Novecento e arrivano fino ai giorni nostri, con due presenze radicate in un passato influenzato differentemente dalla dottrina cattolica, quello del primo seicento bolognese e quello ticinese di un secolo più tardi. Il pregevole dipinto del pittore ticinese Giovanni Orelli Gesù dormiente sulla Croce (1742 ca.) ci introduce ad un’iconografia molto peculiare, un Bambin Gesù addormentato come deposto delicatamente sulla Croce, un evidente memento mori dove la drammaticità dell’evento è resa ancor più delicata dal candido incarnato. Tale sofferta immagine fa da contraltare al San Sebastiano alla colonna del pittore bolognese Ludovico Carracci databile ai primissimi anni del ‘600. Un dipinto che ci mostra il martire nella sua iconografia classica, prevalentemente concentrata, sul supplizio delle frecce cui il martire venne sottoposto.
Procedendo nel percorso espositivo, un prezioso ambiente vede al suo interno dialogare quattro importanti opere di due maestri del ‘900, Medardo Rosso e Lucio Fontana. Del primo è presente in mostra il Bambino ebreo (1915), struggente e sconsolata testa di bimbo che più di un ritratto ci appare come uno stato d’animo.
Di Lucio Fontana, forse l’artista più originale e complesso del XX secolo, vengono presentate quattro opere, i bassorilievi in terracotta L’ascensione (1950-55), Deposizione (1956) e il Cristo (1959) e la scultura in ceramica Testa di fanciullo, di circa dieci anni precedente e datata 1948, nella quale il senso del sacro viene alluso in un ritratto di bimbo, estraneo ad ogni tematica religiosa, ma non per questo meno commovente e perfettamente abbinato al Bambino ebreo di Medardo.
A parete e in dialogo con le sculture di Fontana e Rosso una Crocefissione di Alberto Burri, combustione plastica di piccolo formato che restituisce nella sua bidimensionale trasparenza lacerata e soggetta a combustione, tutta la drammaticità dell’atto della Crocefissione.
Un piccolo oggetto ci pone invece di fronte ad un artista, Yves Klein, la cui religiosità, nella sua breve e intensa carriera, ha segnato l’intera opera: lo straordinario Ex voto a Santa Rita da Cascia (1961), frutto dei pellegrinaggi dell’artista francese al santuario della santa dei casi impossibili.
La mostra continua al di là di ogni distinzione cronologica con i due bronzi di Marino Marini il Giocoliere (1946) e il Prigioniero(1943). Sono gli anni del rifugio in Svizzera a Locarno, e nelle opere di questo periodo, l’artista ha inteso esprimere il ridicolo dell’esaltazione di un uomo che vuol comandare. L’umanità ha paura e l’artista la manifesta in opere come queste, dove la materia va a rompere le proporzioni e a prendere campo, infliggendo alle forme una tensione inaspettata. Marino stesso definisce le opere di questo periodo architetture di un’enorme tragedia.
Ecco allora il Lying Man (Uomo sdraiato, 2014) della scultrice tedesca Paloma Varga Weisz. Pur realizzato a cinque secoli di distanza, esso dialoga idealmente con il martirio di San Sebastiano del Carracci, nudo e trafitto da frecce.
Il percorso si chiude con tre artisti del presente: Adrian Paci, Jannis Kounellis e Roberto Ciaccio. Dell’artista albanese Paci è presente la recente serie fotografica Via Crucis (2011). KounellisCiaccio hanno elaborato il simbolo della croce secondo personalissimi codici astratti.

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