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L’impegno dei vertici è quello di concludere la fusione senza ricorrere al mercato, approfittando anche delle importanti novità normative in materia di non performing loan (npl). Sono giorni decisivi per la trattativa tra il Banco Popolare e la Bpm, dalla cui integrazione potrebbe nascere il terzo polo bancario italiano.

Ieri il consiglio di gestione di Piazza Meda si è riunito per fare il punto della situazione ed esaminare l’architettura complessiva del deal. L’amministratore delegato Giuseppe Castagna non si sarebbe sbilanciato sulla tempistica dell’operazione, menzionando invece i nodi ancora da sciogliere. Anche alla luce dei recenti scambi di documentazione in corso con la Bce, che ha messo principalmente nel mirino il problema dei crediti deteriorati. In base agli ultimi dati disponibili (30 settembre 2015), Piazza Meda ha in pancia sofferenze nette per 1,5 miliardi, pari al 4,53% degli impieghi, mentre per Verona la zavorra si attesta a 6,4 miliardi, pari all’8,14% degli impieghi.

Il piano operativo proposto dalle due banche non prevederebbe aumenti di capitale, ma un processo di smaltimento graduale anche approfittando delle novità normative in termini di garanzia statale. Secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, vinte le incertezze iniziali proprio in queste settimane numerosi istituti di credito avrebbero messo in cantiere dismissioni di non performing loan ricorrendo alla garanzia statale prevista dai recenti provvedimenti governativi. Alcuni dossier sarebbero già in fase avanzata e i primi annunci ufficiali potrebbero arrivare tra i mesi di marzo e di aprile.

In uno scenario di questo genere per la nuova superpopolare sarà insomma relativamente più semplice smaltire lo stock di crediti deteriorati e mettersi in linea con le indicazioni arrivate da Francoforte. Sul fronte della governance, invece, resta da capire se la Bce darà luce verde alla struttura messa a punto dagli advisor dei due gruppi (Citi e Lazard per Bpm , Bofa Merrill Lynch, Mediobanca e Colombo e Associati per il Banco Popolare ). Si tratta per esempio di capire se arriverà luce verde alla Bpm spa, ovvero la controllata in cui, secondo il progetto, dovrebbe confluire la vecchia Bpm e le altre reti commerciali che il Banco ha in Lombardia, cioè quelle della ex Popolare di Lodi e della ex Popolare Crema e Cremona.

L’impianto generale dell’operazione comunque non dovrebbe subire modifiche. A partire dal sistema di governance monistico, analogo a quello attualmente in vigore al Banco Popolare. Il board dovrebbe contare 19 posti: nove espressione di Verona, sette di Milano e tre indipendenti (tra i quali l’amministratore delegato Castagna). A fianco dell’attuale numero uno di Bpm dovrebbero esserci Faroni come direttore generale e Saviotti in qualità di presidente del comitato esecutivo, mentre il board sarà presieduto da Fratta Pasini. Oggi intanto i due ceo, Giuseppe Castagna e Pier Francesco Saviotti, sono attesi in Banca d’Italia per una verifica del progetto.

(Questo articolo è stato pubblicato su MF/Milano Finanza, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi)

Giuseppe Castagna

Banco Popolare e Banca Popolare di Milano, come procede il fidanzamento

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