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Correre ai ripari, per evitare altre imbarazzanti impasse che non giovano all’immagine. Questo deve essere passato stamattina nella mente di Salvatore Maccarone, presidente di quel Fondo interbancario per la tutela dei depositi chiamato a gestire i salvataggi delle banche sull’orlo del crack, mentre si recava alla Camera per essere ascoltato dalla commissione Fiananze. D’altronde l’ultima partita del Fondo, quella per rimettere in sesto Banca Marche, Cariferrara, CariChieti ed Etruria, non è finita bene per niente, dal momento che si è impantanata nelle sabbie mobili di Bruxelles, nonostante i vertici del Fondo rassicurassero da settimane circa l’imminenza dell’intervento di salvataggio da 2 miliardi di euro, come raccontato nei giorni scorsi da Formiche.net. Costringendo così il governo a prendere in mano la situazione e a varare un decreto salva-banche.

LA CONTROMOSSA DEL FITD

Meglio quindi agire d’astuzia e trovare il modo sia di aggirare in futuro l’ostacolo degli aiuti di Stato, termine con cui Bruxelles aveva ufficiosamente bollato l’intervento del Fitd, sia di non lasciare troppo spazio al Fondo di risoluzione di Bankitalia, chiamato oggi a gestire i quattro salvataggi. Maccarone ha in questo senso annunciato un’importante novità, che inciderà sulla stessa struttura del Fondo. Domani, presso la sede di Intesa, è prevista l’assemblea del Fitd, durante la quale verrà esaminato lo schema del “braccio volontario, capace di intervenire in tempi rapidi contro le crisi aziendali”, ha annunciato Maccarone, precisando di voler “cambiare lo statuto del Fondo per creare un braccio alimentato dai contributi volontari delle banche”. Ma di che si tratta? In pratica le banche aderenti al Fitd potranno liberamente decidere di intervenire o meno in una crisi bancaria, decidendo caso per caso. Un meccanismo certo alternativo, ma non rapido né tantomeno automatico (a ogni crisi bancaria bisognerà fare la conta di chi partecipa e chi no al salvataggio).

LE ACCUSE DEL FONDO A BRUXELLES

L’audizione ha però coinciso con l’ora dei veleni, fornendo al Fitd l’occasione per lanciare stoccate verso Bruxelles. Incalzato dai deputati, Maccarone ha dovuto difendersi più di una volta, incolpando l’Ue. Il Fondo “era pronto a intervenire molti mesi fa, ma gli ostacoli del meccanismo delle regole europee non hanno consentito di intervenire: abbiamo fatto ogni sforzo possibile e se fosse intervenuto molti mesi fa le banche si sarebbero risanate, ma questi ostacoli del diritto europeo non ci ha consentito di intervenire”, ha spiegato Maccarone, accusando l’Ue di aver fatto un’interpretazione degli aiuti di Stato “estremamente estensiva e senza nessun fondamento”.

LE DOMANDE DEI VENDOLIANI

Maccarone però non è rimasto del tutto solo contro tutti in commissione. Una sponda l’ha trovata nel deputato Sel Giovanni Paglia che, a fine audizione, ha lanciato un’accusa a Palazzo Chigi. In pratica, non esistono norme Ue che vietavano l’intervento del Fondo, casomai “un’interpretazione arbitraria della Commissione europea: non esiste alcuna norma comunitaria che avrebbe impedito l’intervento del Fondo sulle quattro banche. Poi, sulla base di questa interpretazione il governo ha impedito nei mesi scorsi l’intervento del Fondo. Impedendo quindi di agire prima che la situazione si compromettesse al punto da danneggiare totalmente gli interessi di azionisti e obbligazionisti”. Inoltre, si è chiesto il parlamentare vendoliano, “perché il governo ha accettato, sulla base di un atto atipico della Commissione di lasciare deteriorare una situazione con i risultati noti, e lo ha fatto sempre e solo sulla base di rapporti informali, senza nemmeno chiedere una decisione formale?”.

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