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Quindi i trucchetti della VW alle emissioni diesel erano il classico segreto di Pulcinella. In un primo momento, il Financial Times ha dato la notizia che sin dal 2013 – dunque ben prima che i ricercatori americani si accorgessero del marchingegno – la Commissione Europea era informata di tutti i dettagli. Successivamente, vari quotidiani (in Italia Il Sole 24 orehanno pubblicato ampi stralci del documento del Joint Research Center, uno degli enti nella galassia comunitaria, da cui si hanno essenzialmente le stesse informazioni che da qualche giorno sono nelle prime pagine dei giornali.

A loro difesa, i portavoce della Commissione ha sostenuto che: a) dal 2007 hanno proposto di allineare i parametri dell’Unione Europea UE a quelli americani; b) per il momento è stato deciso che ai test della auto in laboratorio (dove è più facile truccare) verranno affiancati a partire dal 2016 “gradualmente” test su strada (dove l’imbroglio è più arduo); c) del documento del Joint Research Centre non solo sono informati i 28 Stati Membri ed è in corso un “accesso negoziato” su standard e test.

Ciò vuol dire che lo “scandalo VW” è stato per almeno due anni noto a tutti gli interessati tranne che all’opinione pubblica. Ne erano conoscenza non solo il Joint Research Centre ma i servizi della Commissione; per iniziare l’’accesso negoziato’ almeno un memorandum della Commissione (in una ventina di lingue) e repliche dei 28 Ministri dell’Industria (o simili) e degli Esteri hanno circolato per due anni non solamente in mail ma in versione cartacea con timbri e bolli, e pergamene varie. E nessuno ne faceva uscire un cenno.

Non si può che restare allibiti. La Commissione Europea, in primo luogo, non chiarisce se le emissioni diesel di molte categorie di VW hanno un livello di inquinamento effettivamente pericoloso per la salute. E’ la prima domanda che richiede una risposta in quanto è possibile che negli USA abbiamo applicato il “principio di precauzione” in base al quale, in caso di rischio, si fissano standard più alti dell’indispensabile proprio per indurre a restare entro limiti accettabili e sostenibili. In questo caso, shakesperianamente parlando si tratterebbe di much ado for nothing, ossia di molto rumor per nulla.

In secondo luogo, l’’accesso negoziato’ induce a pensare che le resistenze fossero non solo da parte della Germania ma anche da parte di altri Stati membri che hanno forse utilizzato “trucchetti” analoghi nelle loro vetture diesel. In tal caso, i furbetti del quartierino sarebbero almeno un paio di centinaia. E’ singolare che nulla sia trapelato. Oppure è la prova del misfatto: le emissioni sono davvero inquinanti, non solo la VW è coinvolta nello scandalo, ma anche altre case automobilistiche europee. I ministri responsabili per il settore hanno il dovere di fare i nomi ed i cognomi, un vero e proprio imperativo categorico kantiano.

Infine, perché prima di iniziare l’’accesso negoziato’ la Commissione Europea non ha pubblicato il documento del  Joint Research Centre e non lo ha sottoposto a débât publique, ossia a una discussione pubblica? Come fa adesso ad invocare trasparenza da parte degli Stati membri e degli altri suoi interlocutori?

Volkswagen, il segreto di Pulcinella e il pasticciaccio di Bruxelles

Quindi i trucchetti della VW alle emissioni diesel erano il classico segreto di Pulcinella. In un primo momento, il Financial Times ha dato la notizia che sin dal 2013 - dunque ben prima che i ricercatori americani si accorgessero del marchingegno - la Commissione Europea era informata di tutti i dettagli. Successivamente, vari quotidiani (in Italia Il Sole 24 ore) hanno pubblicato ampi stralci…

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