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Era già diventata un simulacro, dopo l’adozione dell’euro e la concentrazione alla Bce delle funzioni di politica monetaria. Ma, ancora, la Banca d’Italia aveva mantenuto la competenza sulla vigilanza del sistema bancario.

Da un anno a questa parte ha perso anche questa funzione: con la istituzione della Banking Union da parte della Ue, l’esercizio della vigilanza sulle banche di rilievo sistemico è esercitato direttamente dalla Bce. La Banca d’Italia ha mantenuto la vigilanza sulle banche minori, ma solo per delega della Bce.

L’European Banking Authority (EBA), a sua volta, in questi anni ha interferito pesantemente sulle regole prudenziali, sulla valutazione dei titoli di Stato in portafoglio, sulla definizione degli scenari per gli stress test. Al livello globale si aggiunge la regolamentazione adottata a Basilea, dove le Banche centrali si riuniscono, presso la BRI (Banca dei Regolamenti Internazionali).

L’UE, a sua volta, ha cambiato le carte in tavola, dopo i salvataggi bancari da parte degli Stati di cui hanno beneficiato all’inizio della crisi molti istituti tedeschi, francesi, belgi, austriaci e danesi. Quando il Tesoro italiano è intervenuto nel 2012 a sostegno del Monte dei Paschi di Siena, le condizioni per considerare ammissibili gli “aiuti di Stato” al fine di non distorcere la concorrenza sul mercato erano divenute nel frattempo assai più pesanti rispetto a quelle che erano state adottate in precedenza per tutte le altre banche europee.

Di recente, l’Unione europea ha varato una direttiva che disciplina le regole per la soluzione delle crisi bancarie. Dal 1° gennaio del prossimo anno non saranno più ammessi gli aiuti pubblici: per sanare le perdite, dovranno intervenire nell’ordine gli azionisti, gli obbligazionisti ed infine i depositanti con oltre 100 mila euro sul conto. L’Italia ha accettato così una regolamentazione delle crisi bancarie, che va sotto il nome di “Bail in”, ben diversa da quella che finora ha sempre tutelato il risparmio dei suoi cittadini, ripartendo sull’intero sistema bancario il costo delle singole crisi bancarie.

Infine, l’Italia non avrà più la possibilità di creare una Bad Bank con garanzie pubbliche, per sgravare le banche dai crediti in sofferenza e per recuperarne quanto più possibile “in bonis” nel medio periodo, senza dover ricorrere all’immediata esecuzione forzata dei beni del debitore. Ci siamo fatti imporre una normativa che accelera la chiusura delle procedure fallimentari, velocizza le aste giudiziarie, privilegia la liquidazione immediata degli asset e delle garanzie.

Leggi l’articolo integrale sul sito Teleborsa

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