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Era la fine del 2013 quando Giuseppe De Giorgi, classe 1953, Capo di Stato Maggiore della Marina, ne prospettava l’estinzione senza un pronto intervento del governo. Un grido che non è rimasto inascoltato e che ha dato la sveglia all’esecutivo, che si è mosso. Il rimedio al declino è arrivato sotto forma di maxicommessa da quasi 6 miliardi di euro, per la costruzione e varo di una decina di nuove unità navali. Un intervento visto come una benedizione dal cielo dalla Marina, da tempo impegnata nella dismissione dei mezzi più datati. L’ultimo ammainabandiera è stato quello del pattugliatore Granatiere, nelle acque di Taranto. Senza rinforzi, la cura dimagrante avrebbe nel tempo ucciso la Marina, rendendo impossibile il controllo del mare e il soccorso ai migranti che ogni giorno sbarcano sulle nostre coste. De Giorgi ha accettato di raccontare a Formiche.net la genesi dell’intervento a sostegno della Marina, tracciando anche il profilo della Marina del futuro, alle prese tra esigenze di spesa e svolgimento della propria missione.

QUANDO LA MARINA RISCHIAVA DI SCOMPARIRE

“L’invecchiamento e la necessaria radiazione di un elevato numero di navi entro i prossimi 10 anni”, spiega l’ammiraglio, “stava delineando l’estinzione della capacità operativa della Marina Militare e, di conseguenza, della Difesa. Infatti, dopo l’ultima legge navale degli anni Settanta, l’Italia non aveva più avviato programmi di costruzione navale, se non per la recente realizzazione delle fregate multiruolo Fremm. Il governo e il Parlamento hanno pertanto deciso di finanziare una prima tranche di 5,4 miliardi di euro per il rinnovamento della flotta, che consentirà di costruire in Italia nuove unità navali, compresi i Pattugliatori Polivalenti di Altura”. Si tratta, precisa De Giorgi, “di nuovi pattugliatori che saranno unità navali multifunzionali in grado di assolvere simultaneamente anche i compiti di una corvetta, di un cacciatorpediniere e di una fregata”.

NAVI A MISURA DI SPENDING REVIEW

L’ammiraglio si sofferma poi sulle qualità dei nuovi mezzi, decisamente più efficienti e risparmiosi dei precedenti. “Saranno unità navali più economiche con ridotti costi di esercizio (inferiori del 30%), in virtù anche del ridotto numero di personale imbarcato e utilizzeranno bio-fuel garantendo una minor dipendenza dai prodotti petroliferi e grande attenzione alla salvaguardia dell’ambiente. L’approvazione di una seconda tranche di investimenti comporterebbe poi la piena realizzazione del programma navale, consentendo il completamento del processo di rilancio già avviato ed eviterebbe così al Paese l’estinzione della propria Marina”.

TRA ISIS ED EMERGENZA IMMIGRAZIONE

C’è poi l’altro capitolo importante, quello più pratico. La gestione dell’emergenza immigrazione e il contrasto al terrorismo. Per affrontarle, l’Italia non può fare a meno della Marina. “L’attuale scenario internazionale è caratterizzato da numerosi fattori di instabilità, focolai di crisi e minacce che inevitabilmente si riverberano sul bacino mediterraneo e ne influenzano le attività marittime. Infatti, l’indebolimento di alcune strutture statuali verificatosi a seguito del fallimento delle Primavere arabe, unito alla crescente spinta demografica e all’estensione del fondamentalismo islamico e dei correlati fenomeni terroristici in alcuni Paesi del nord Africa/del Medio Oriente registratisi nel recente periodo, hanno contribuito ad innalzare drasticamente i flussi migratori verso l’Europa, ponendo pertanto nuovamente l’attenzione dell’intera comunità internazionale sul bacino Mediterraneo”, spiega l’ammiraglio. “La Marina Militare riveste un ruolo fondamentale in questo, in quanto uomini e mezzi vengono quotidianamente impiegati per assicurare la sicurezza e la prosperità del Paese e dell’Ue: Eunavformed, Vigilanza Pesca, Operazione Mare Sicuro e Triton sono solo alcuni dei contesti operativi in cui le nostre già vetuste unità navali vengono e verranno sempre più impiegate”.

TUTTI I VANTAGGI (ANCHE ECONOMICI) DI UNA MARINA 2.0

La spesa sostenuta dallo Stato sarà comunque ben remunerata, anche grazie alla tecnologia delle nuove unità. Secondo De Giorgi “la necessità di impiegare unità navali che possano assolvere simultaneamente differenti ruoli, come i Pattugliatori Polivalenti di Altura, sta diventando sempre più rilevante ed il finanziamento stanziato rappresenta un cospicuo investimento per il Paese, nonché un salto generazionale per la Marina Militare”. De Giorgi vede nella costruzione delle nuove navi “il tentativo di privilegiare totalmente il made in Italy, un ritorno per lo Stato con un moltiplicatore equivalente a 3,6 per ogni euro investito, ma anche un know-how da esportare all’estero, in quei Paesi che stanno rinnovando e potenziando la loro flotta come ad esempio Angola, Perù, Mozambico, Brasile ed altre nazioni del Golfo Persico”. Ecco perché “in questo contesto di economicità rientra, in ambito Difesa, anche il processo di integrazione del corpo della Capitaneria di Porto nella Marina Militare, teso ad ottimizzare le risorse disponibili di uomini e mezzi della Forza Armata per assolvere sinergicamente tutti i compiti istituzionali, fornendo al contempo un elevato contributo per risollevare l’economia italiana”.

Così la Marina Militare riparte. Parla l'ammiraglio De Giorgi

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