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L’anno che è arrivato ci ha portato in dono un augurio del presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ci è piaciuto. È l’unico tra i vari potenti, insieme a Papa Francesco che ha “raccomandato attenzione alle donne”. Entrambi sicuramente estranei alla corsa elettorale, ma più attenti alle cose terrene, hanno evidenziato i problemi che ancora oggi persistono (trascuratissimi) nella politica italiana, che pare si ricordi solo delle forzature in essere sulle unioni civili.

Piuttosto che pensare prima di tutto agli omosessuali, transgender, eccetera Maria Elena Boschi e Matteo Renzi si mettano a studiare cosa ci ha consegnato l’Istat nei giorni scorsi a proposito della situazione delle donne italiane nell’ultimo decennio. Sappiano Renzi e Boschi che un’attenzione alla questione femminile farebbe bene alla salute dell’Italia in generale, perché non c’è dubbio che i risultati conseguiti nell’istruzione, la fruizione culturale, il rapporto con le nuove tecnologie, il ruolo nel mercato del lavoro, la divisione dei ruoli, le strategie di conciliazione del lavoro e dei tempi di vita, le condizioni economiche e la salute abbiano modificato la vita delle nostre concittadine, ma non basta. Anzi, la forte disoccupazione femminile e delle giovani è molto molto preoccupante. Continua il forte investimento nell’istruzione da parte delle donne, che ottengono risultati migliori di quelli degli uomini sia a scuola sia all’università.

La diffusione delle nuove tecnologie riguarda tutta la popolazione con una diminuzione del divario di genere e, per le giovani, con un suo apparente annullamento, ma non sul piano delle pari opportunità di lavoro. Negli anni di crisi le donne hanno tenuto di più nel mercato del lavoro (nero) e hanno visto incrementare il loro ruolo di breadwinner. La presenza nei ruoli decisionali è in crescita sia nei luoghi politici sia in quelli economici, ma – e questo è il problema più grave – permangono le difficoltà di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro legate anche all’asimmetria dei ruoli all’interno delle coppie, e le donne occupate, in corrispondenza della maternità, si trovano a sperimentare in misura crescente la perdita o l’abbandono del lavoro. La condizione reddituale femminile continua ad essere peggiore di quella maschile, anche se nel decennio 2004/2014 la distanza fra uomini e donne, nel periodo osservato, si è accorciata. Tra le anziane, che continuano a guadagnare anni di vita e anni in buona salute, si affacciano le generazioni via via più istruite con un comportamento sempre più favorevole ad un invecchiamento attivo.

Un nuovo soggetto femminile è emerso negli ultimi dieci anni, le immigrate, con un peso rilevante nella nostra società e connotate da profonde differenze interne. Non è trascurando la questione femminile che si può affrontare il 2016: occorre un salto di paradigma e smetterla di attraversare assemblee di partito, mass media e piazze con documenti ricchi di deficit di visione e di concretezza per sostenere il 53% della popolazione italiana femminile. Poiché passare al sostegno della politica attiva per le donne esige un salto rispetto ai decenni precedenti e poiché il sistema deve poggiare su cinque pilastri: sapere di civiltà di uguaglianza di genere, ordinamenti, governance, conciliazione carriera e lavoro, partecipazione civiile e politica. La missione consiste nell’agire sincronicamente su tutti e cinque. Operare confusamente solo su uno o due significa costruire un edificio sbilenco e instabile. Dal punto di vista del metodo occorre un intervento riformatore globale e sistemico. Il che indica che la sinopia dell’azione/affresco deve essere già tutta tracciata, prima che si usi il pennello. Non bastano schizzi di congedi parentali, di decontribuzione per le donne disoccupate del sud, part time camuffato da tempo leggero e flessibile e cabine di regia per individuare le prassi di welfare aziendale che possono essere soggette a decontribuzione su un modestissimo 10% di fondo di salario di produttività. Auguriamoci che il monito di Mattarella e Bergoglio svegli il torpore dell’esecutivo giovanilista e distratto.

Ecco come il 2016 può diventare l'anno delle donne

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