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Stupiscono le posizioni che le parti coinvolte in Siria stanno prendendo. Non tanto per la loro prevedibilità, quanto per la mancanza di una strategia militare unica, che porti a soluzioni essenziali al cambio di potere in un Paese ormai devastato dagli orrori e dalla tragedia di non sapere chi combatte cosa.

Lo scenario è complesso in tutta la regione. La Turchia è la vittima sacrificale di questo pericolo strategico, che si è riversato sul risultato elettorale, coalizzando i curdi.

In Arabia Saudita hanno lo stesso problema con la tenuta del Regno di fronte alla possibilità di perdere la propria indipendenza finanziaria, ormai messa in discussione da un Opec con nuove finalità. I giovani principi hanno solo voglia di prendere il potere o vogliono riportare l’Arabia nell’alveo della contemporaneità? Questo momento è il meno opportuno per loro per aprire una breccia interna alla dinastia del Regno.

La narrazione russa che rasenta invece l’iperrealismo, ha una capacità dirompente sul piano della comunicazione. Più difficile la posizione americana, che fino si è preoccupata solo della deposizione di Assad e oggi invece deve vedersela anche con l’Isis.

Non vi è un vero coordinamento militare tra le forze Nato in quel quadrante, avendo spento la Turchia i radar di confine con Iraq, Iran e Siria per evidenti calcoli di tattica sul campo. In ciò è evidente l’errore dell’Alleanza Atlantica, nel non avere pensato alla creazione di una No Fly zone che non mantenesse comodamente le cose così come sono.

Se poi la possibile partecipazione dell’Italia ai bombardamenti serve alle nostre esigenze strategiche in Libia e nella gestione dell’emergenza migratoria che investe tutta l’Europa ben venga, l’importante è non impantanarsi in missioni impossibili da contenere e poco lungimiranti sul piano militare e diplomatico.

Respingere la probabilità di un conflitto su vasta scala in Medio Oriente tra Russia, Cina, Iran e Iraq e gli alleati Nato insieme all’Arabia Saudita, il Qatar e la Giordania, significa lavorare per la pace.

Ora tocca misurarsi sui cieli e a terra, ma senza alimentare un tutti contro tutti che fa della Siria l’ecatombe delle speranze. Nel silenzio dell’Europa.

Siria, la no fly zone non è una strategia vincente

Stupiscono le posizioni che le parti coinvolte in Siria stanno prendendo. Non tanto per la loro prevedibilità, quanto per la mancanza di una strategia militare unica, che porti a soluzioni essenziali al cambio di potere in un Paese ormai devastato dagli orrori e dalla tragedia di non sapere chi combatte cosa. Lo scenario è complesso in tutta la regione. La…

A Erdogan manca un colpo di tug

Il comportamento della Turchia, attorno alla questione siriana, è molto pericoloso. La normalizzazione kemaliana ha generato l’atlantismo di Erdogan che rischia di inasprire il conflitto siriano facendone qualcosa di più esteso. Una Turchia che asseconda supinamente la Nato come il resto dell’Occidente, per la sua posizione, che è invece “anatolica”, potrebbe acuire le tensioni con la Russia che continua nei…

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