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Pubblichiamo un estratto dell’intervista a Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture, contenuta nel Rapporto dell’Osservatorio Nimby Forum che sarà pubblicato domani.

Lo Sblocca-Italia sembra ormai un’arma spuntata per lo sviluppo. Al di là dei tanti (355) piccoli e medi progetti che secondo gli ultimi dati Nimby sono impantanati tra proteste, burocrazia e ricorsi, ci sono alcuni progetti di rilievo nazionale, inseriti nel decreto, che rischiano ulteriori rinvii. C’è lo storico caso della TAV, c’è il tema delle esplorazioni petrolifere in Adriatico e del referendum per l’abrogazione dell’art. 35, presentato dalle Regioni italiane; c’è la TAP che ha avuto formalmente l’autorizzazione, ma verso la quale continua ad esserci un’opposizione agguerrita; c’è poi il tema del Deposito Unico per i Rifiuti Radioattivi, progetto che vede molte Regioni preventivamente contro, sebbene ancora non sia stata presentata neppure la Carta dei luoghi potenzialmente idonei. Infine, proprio negli ultimi giorni si è riaperta la questione del ponte sullo Stretto di Messina. Insomma, il conflitto è aperti su molti fronti…

Lo Sblocca Italia, così come la Legge Obiettivo, hanno tradito l’intenzione originaria, anche perché appoggiate su una logica delle opere pubbliche che ora stiamo cambiando con forza. L’inefficacia tra l’altro della legge Obiettivo è dimostrata dal fatto che dal 2001 a oggi sia stato terminato il solo 7,7% delle opere.

L’impostazione ai Lavori pubblici che abbiamo dato in questa stagione, con il Presidente del Consiglio, si basa su un disegno nazionale chiaro di infrastrutture interconnesse e intermodali, sostenibili come progetti, come impatto ambientale e territoriale, come risorse, declinato a partire dai Corridoi Europei.

Opere utili, piccole o grandi che siano, ma utili. Opere non faraoniche, cioè sproporzionate, valutate attraverso un’analisi di costi e benefici e sulla base di progetti definitivi, come previsto dal Nuovo Codice degli Appalti. Preferibilmente opere che riguardino una mobilità innovativa e sostenibile, privilegiando nelle infrastrutture quella “Cura dell’acqua” e quella “cura del ferro”, cioè porti e ferrovie, di cui il Paese ha bisogno per esprimere le sue potenzialità e che sono state soffocate dall’ossessione per le strade e l’automobile.

Opere che rientrino in un disegno strategico della mobilità e della logistica del Paese e non siano, come è stato per troppo tempo, una risposta a macchia di leopardo alle richieste di un politico o un altro per creare consenso nella sua base elettorale.

Questo è il porto verso cui approdare, di concerto con i territori, in un’ottica di programmazione pluriennale. Un’impostazione che, accompagnata da percorsi trasparenti e condivisi, sono convinto possa contribuire a non arrivare a situazioni conflittuali come quelle che ha descritto e ad affrontare le criticità in fase preliminare nel rapporto tra Stato, Regioni, città metropolitane e territori.

delrio, appalti

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