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(seconda parte di un articolo; la prima parte si può leggere qui)

Per completare Turkish Stream, il progetto di Gazprom, è necessario anche il sì di Ungheria, Macedonia e Serbia. E se la Russia – molto probabilmente – potrà contare sulla sponda del premier ungherese Orban, che recentemente ha firmato diversi accordi energetici con Vladimir Putin, ottenere il consenso degli altri due Paesi sembra più difficile. Dalla Serbia sono arrivati segnali contraddittori, mentre la Macedonia è diventata un caso quando il ministro degli Esteri russo Lavrov ha collegato le manifestazioni contro il presidente Gruevski e i violenti scontri nella città di Kumanovo a un presunto complotto occidentale per sabotare il gasdotto.

Il giornalista macedone Vladimir Petreski è scettico: «L’importanza del progetto per il nostro Paese è limitata. Le parole di Lavrov sono propaganda, buone per essere diffuse da media pro Cremlino come Russia Today e Sputnik». Qualche giorno fa, lo stesso discusso presidente Gruevski ha assicurato che un’adesione della Macedonia a Turkish Stream arriverebbe solo all’interno di un accordo tra Russia e Unione Europea. Ma ora anche la Slovacchia ha espresso un forte interesse per il progetto, e Gazprom spera che si inneschi un meccanismo di concorrenza che potrebbe far cambiare idea a Serbia e Macedonia.

Rimangono però le incertezze sull’effettiva capacità di Gazprom di realizzare il gasdotto. E in Europa in molti si chiedono se Turkish Stream finirà per fare concorrenza, sui “volumi addizionali”, cioè i contratti da stipulare in futuro, ai progetti Tap e Tanap, che faranno arrivare il gas del Mar Caspio sui mercati europei passando proprio dalla Turchia. Due opere cruciali per la Ue, che vuole ridurre la sua dipendenza dal gas russo. Mikhail Korchemkin, fondatore della società di consulenza East European Gas Analysis ha molti dubbi, che riguardano anche l’Italia: «Turkish Stream contraddice tutti i contratti già esistenti di Gazprom.

Il ceo Aleksej Miller ha detto che non prevede un rinnovo delle rotte di transito attraverso l’Ucraina dopo la scadenza dei contratti attuali, nel 2019, e afferma che gli importatori europei dovranno comprare il gas russo al confine greco-turco, ma i contratti in vigore tra l’Eni e Gazprom prevedono l’arrivo del gas russo al confine settentrionale dell’Italia fino al 2035. Con Turkish Stream il punto d’arrivo sarebbe spostato molto più lontano, e l’importatore dovrebbe costruire una conduttura lunga 1500 km». E per quanto riguarda la concorrenza con TAP e TANAP, Korchemkin crede che il colosso energetico russo non abbia molte chances: «L’arrivo di gas dall’Azerbaigian ridurrà sensibilmente la capacità di Gazprom di stipulare nuovi contratti. E’ molto meno costoso far arrivare il gas dai giacimenti azeri di Shah Deniz che da quelli di Yamal, in Siberia».

Nelle relazioni tra Gazprom e Ue, poi, non va dimenticato lo scontro sulla politica dei prezzi praticata dalla compagnia russa in alcuni paesi, che l’Unione considera sleale, e che potrebbe far scattare una multa da più di 90 miliardi di euro. Viste le condizioni attuali, le probabilità che la vicenda Turkish Stream si chiuda con un accordo di mutuo interesse sono scarse, come spiega Andreas Goldthau, esperto di energia del Belfer Center dell’Università di Harvard: «Gazprom con South Stream aveva provato a prendere anche il controllo delle infrastrutture, ma poi il tentativo è andato male. Ora dice alla Ue: non volete lasciarci il controllo delle condutture? Bene, venite a prendere il gas ai confini europei, e costruitele voi. Solo che la Ue – continua Goldthau – invece di realizzarle, risponde definendo l’offerta russa un bluff. La Russia invece continua a mostrarsi sicura della sua strategia. E’ come una vera partita a poker. E a vincerla sarà chi si dimostrerà più bravo a bluffare».

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