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La politica italiana parlamentare sta dando la peggior rappresentazione di se e,  tra i mass media che dovrebbero principalmente informare, c’è la corsa per chi si distingue tra i più tendenzialmente capaci a vendere copie o ascolti (in crisi) raccontando il misero spettacolo che va in scena quotidianamente mentre si replica la storia. Forse ci siamo dimenticati della compra/vendita dei senatori ai tempi del fu caduto governo Prodi, che è costato a Silvio Berlusconi un processo. E che ora si ripete per far passare questa brutta violenza alla Costituzione Italiana per questa stravaganza renziana che continuano a chiamare riforma. Un mercato affidato ai così detti capo- bastoni di questa insalata russa parlamentare che manda in onda una transumanza  record:  108 deputati e 110 senatori che hanno cambiato casacca solo in questa legislatura.

Dunque, la chiamano trattativa ma è un mercato che porta dritto dritto al populismo leghistasalviniano e grillinopentastellato che non coinvolge il popolo italiano in programmi veri di governance, ma solo in squallide lotte per occupare  seggioloni, seggiole, strapuntini di potere nella giungla del feticcio potere istituzionale. Così, la testa d’ariete di Verdini (grossa di fatto e di intrallazzo) umma umma si intravede con i riccioli lunghi ma scarsi di Taddei; la sempre smagliante Maria Elena svolazzante tra i banchi con una manina che si copre la bocca e con l’altra comunica con il cellulare e  svolge il ruolo di gran maggiordomo per coloro che chiedono di essere ammessi alla corte del giovane toscano, nella cui dependance della reggia sopravvive la ruota di scorta  degli  alfaniani delusi dal poco bottino che l’Angelino pare possa loro assicurare.

Poi ci sono i diessini della minoranza che continuano ad esistere con l’antirenzismo così come fecero con l’antiberlusconismo senza nessuna buona idea alternativa allo scempio che è in atto in un percorso riformatore che fa acqua da tutte le parti. I fozaitalianisti sono quasi teneri: Renato Brunetta, che rimane sempre un ottimo economista, porta avanti una battaglia quotidiana e molto solitaria dalle pagine on line del Mattinale con il controcanto di un Romani poco esperto ma tanto  glamour che continua a promettere la guerra  senza esercito. E intanto la soluzione è quella di far sentire la nostra voce e neanche tanto timidamente: aboliamolo questo Senato fantoccio perché vero è che non  siamo uno stato federale e dunque basta e avanza la Conferenza  Stato/Regioni e Anci  sopravvissuti alla non riforma:  di un’altra camera inconcludente e spendacciona non ne abbiamo proprio bisogno. Abbiamo invece bisogno, questo sì, di una classe dirigente che sappia potenziare il motore dell’economia e dello sviluppo con sostanziali tagli di spesa poiché i problemi nostri continuano ad essere (e gravi) il numero dei lavoratori e lavoratrici  tragicamente basso,un crollo degli investimenti del reddito nazionale dal 22% al 16%.

La Germania pretende, e non ha torto, lo slittamento automatico dei rimborsi dei titoli di Stato agli investitori se un Governo chiede il Fondo salva Stati nonché procedure fallimentari per i governi in debito dell’area euro. Per il nostro Paese con un debito italiano già molto appesantito dagli interessi non basterebbe più l’aiuto della Bce. Il Senato va rottamato, la boccata di ossigeno della Bce va valorizzata e usata come una leva straordinaria che ora o mai più ci ridà fiato e prospettiva.

Il Senato burlesque

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