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Tra programmi di liberalizzazione ed esigenza di preservare e rilanciare le strutture pubbliche, il mondo della sanità costituisce un terreno delicato per il governo. Il quale finora ha rinunciato a promuovere riforme radicali nel capitolo salute, limitandosi a una ricognizione delle spese per razionalizzare soprattutto l’acquisto di farmaci.

La linea di marcia dell’Europa

Un intervento rilevante, ancorché passato quasi sotto silenzio, è stato approvato recentemente dal Consiglio dei Ministri. Si tratta del decreto legislativo che recepisce nel nostro paese la direttiva Ue “Solvency II” per l’accesso e l’esercizio delle attività di assicurazione contro i danni provocati da errori medici.

Il provvedimento, che entrerà in vigore il 30 giugno, introduce un nuovo regime di vigilanza con l’obiettivo di fornire la più ampia tutela agli utenti e valutare la credibilità finanziaria delle compagnie che vendono le polizze.

A tale scopo vengono previsti nuovi requisiti patrimoniali ancorati ai rischi effettivi e misure per responsabilizzare i manager delle imprese. All’Ivass, l’autorità di vigilanza sulle compagnie assicurative, è attribuita la facoltà di intervento sulla governance dell’azienda assicuratrice e la possibilità di ricorso a società di revisione per ispezioni in loco.

L’iniziativa dell’Authority sulle assicurazioni

Lo stesso Istituto di vigilanza, ricorda il Sole 24 Ore, ha bloccato il 13 giugno una polizza sanitaria – “Rcp medico” – messa in commercio dalla compagnia Assicuratrice Milanese.

All’origine dell’iniziativa, che coinvolge un prodotto economicamente conveniente e molto diffuso tra i “camici bianchi” italiani, le “numerose segnalazioni di mancati risarcimenti di sinistri”.

L’Authority presieduta da Salvatore Rossi ha pertanto ordinato all’impresa una “revisione critica” dei prodotti per “calibrarli sui differenti target di medici, clienti e sulle specifiche esigenze di copertura”.

La duplice arretratezza dell’Italia

Il ritardo italiano nel settore sanitario è da tempo al centro dell’attenzione e delle iniziative di “Obiettivo Risarcimento”, società impegnata nelle richieste di rivalsa per danni alla persona provocati dalla cosiddetta malasanità. L’amministratore delegato Paolo Simioni illustra a Formiche.net la genesi di un problema che contraddice le linee-guida prospettate dall’Unione Europea.

L’Italia – spiega – si colloca agli ultimi posti d’Europa, come testimonia una ricerca comparata su 18 sistemi sanitari Ue realizzata dall’Università di Goteborg: “Ogni anno 1 milione e 200mila connazionali migrano all’estero per terapie soprattutto di tipo chirurgico, e la nostra disaffezione verso gli enti sanitari è ulteriormente aumentata del 10 per cento negli ultimi 2 anni”.

A tutto ciò, rileva, è necessario aggiungere il volume di risorse erogate per ripagare i costi della cattiva sanità: “La Lombardia spende ogni anno 100 milioni di euro, su circa 2 miliardi di spesa nazionale stimata. Tuttavia le Regioni non raccolgono i dati statistici clinici in modo completo, o non li comunicano al Ministero della Salute. Ne scaturisce un quadro di incertezza assoluta sul fenomeno”.

L’impennata dei costi assicurativi

È fuor di dubbio che le denunce e i contenziosi per errori e gravi responsabilità mediche abbiano registrato nel corso dell’ultimo decennio una crescita esponenziale nel Vecchio Continente. Se in Gran Bretagna, Scandinavia, Paesi baltici e Europa dell’Est l’incremento è stato del 50 per cento, in Germania e nelle nazioni mediterranee il trend è oscillato tra il +200 e 500 per cento.

Nel nostro Paese – evidenzia Simioni – sono aumentate le controversie civili, che registrano per l’80 per cento dei casi un successo risarcitorio: “Un dato che la dice lunga sulla fondatezza delle richieste dei cittadini-pazienti”.

Il danno e la beffa

I costi complessivi relativi ai rimborsi, la frequenza delle denunce e la totale incertezza dei dati hanno comportato il fatto che quasi tutte le compagnie di assicurazione italiane siano uscite da questo mercato.

È in un simile scenario che hanno preso piede alcune compagnie straniere, risultate poco credibili e con alto rischio di insolvibilità. Si sono generati ulteriori rischi per tipologie contrattuali che prevedono elevatissime franchigie, facendo sì che l’ente sanitario pubblico si trovi esposto sia al pagamento di premi assicurativi che al ristoro del danno reclamato dai pazienti.

Quindi, oltre al danno per i cittadini, bisogna aggiungere la beffa di uno spreco doppio di denaro pubblico, visto che i risarcimenti al di sotto delle alte franchigie devono essere erogati in ogni caso dal Servizio sanitario nazionale.

“Perché hanno preso piede compagnie poco credibili”

Le incertezze legate alla mancata analisi delle inefficienze da parte di enti sanitari e Ministero della Salute, racconta Simioni, non hanno consentito una pianificazione in grado di coinvolgere le compagnie assicurative robuste e autorevoli.

“A quel punto Asl e ospedali hanno accettato tramite strane gare d’appalto l’intervento di aziende scarsamente credibili, dal profilo altamente incerto sul piano finanziario e delle garanzie. Realtà che riescono però a entrare nel sistema nazionale in virtù della libera prestazione si servizi, la quale non prevede forme particolari di controllo e vigilanza. E che peraltro determinano una concorrenza sleale nei confronti degli enti assicurativi ‘classici’ aderenti all’Ania”.

Ne è risultata una “forte difficoltà” nell’ottenere i giusti risarcimenti per pazienti e famiglie: “Pratiche e vertenze che si potrebbero definire in via extra-giudiziale si riducono al lumicino. Così siamo costretti a lunghe iniziative processuali in sede civile che provocano disagi ed esborsi enormi per le amministrazioni pubbliche, di fatto in corto-circuito”.

La difficoltà di un cambiamento virtuoso

Ma come è possibile ricreare un’equa concorrenza con il ritorno delle grandi imprese assicurative in un comparto così delicato? L’amministratore di Obiettivo Risarcimento avanza una serie di “proposte virtuose a costo zero”.

Suggerisce di accomunare in un’unica sede provinciale i servizi legali e amministrativi di tutte le Aziende sanitarie locali. Chiede di premiare le compagnie assicurative solide che decidono di assicurare l’ospedale attraverso bonus e incentivi in vista di un’ulteriore gara d’appalto nel terreno della Pa e delle infrastrutture. Prospetta un monitoraggio delle attività ospedaliere tramite un medico di corsia capace di valutare statistiche, diagnosi e risultati.

Il progetto, precisa l’ad di Obiettivo Risarcimento, ha incontrato numerosi ostacoli. “Al contrario, prevalgono tesi favorevoli alla depenalizzazione e de-responsabilizzazione del medico che sbaglia, oltre che alla riduzione dei rimborsi. Come nel caso delle lesioni gravissime, che rendono le persone del tutto dipendenti dal Servizio sanitario ma che vedono il dimezzamento delle risorse riconosciute ai pazienti accanto alla mancanza di coperture e assistenza adeguate”.

“Le proposte del Parlamento non sono convincenti”

Attualmente la Commissione Affari sociali di Montecitorio sta lavorando su un testo di legge unificato per ridefinire i contorni della Rc medica.

Un’iniziativa che alimenta in Simioni il timore di uno snaturamento della cornice giuridica relativa al rapporto tra centri di cura e paziente: “Rapporto che è frutto di un’evoluzione della giurisprudenza, e ha prodotto risultati positivi nella garanzia dei principi di responsabilità”.

Altrettanto critico è il giudizio sul progetto normativo presentato dal presidente dell’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Torino e senatore del Partito democratico Amedeo Bianco, che porta da 10 a 2 gli anni richiesti per prendere coscienza dell’errore sanitario.

“Raffronto con il modello Rc auto”

Seguendo quanto già previsto per il sistema assicurativo relativo ai rimborsi per Rc auto in Italia, Obiettivo Risarcimento ritiene che si possa trasferire anche nella sanità un modello molto ben collaudato negli ultimi 30 anni. Prevedendo l’azione diretta per la richiesta del danno e l’opportunità dell’inserimento della “provvisionale”, volta a tutelare maggiormente la parte debole: il paziente avente diritto.

L’auspicio dell’associazione è evitare ennesimi tagli dei valori previsti per il risarcimento a favore delle vittime di malasanità: “Gli attuali parametri delle ‘tabelle per regolare il danno biologico’ risultano appena sufficienti a garantire un corretto ristoro per la persona danneggiata, che molto spesso subisce l’effetto collaterale della perdita del lavoro”.

Cosa non funziona nelle assicurazioni contro la malasanità

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