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Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dopo aver ribadito il suo diritto di avanzare delle proposte, insiste nel progetto di riconoscere un reddito minimo a quanti perdono il lavoro nella fascia d’età tra i 55 e i 65 anni. Il ministro Giuliano Poletti (a nostro avviso contraddicendo quanto aveva sostenuto pochi giorni or sono rispondendo ad un’interrogazione) ha ammesso che questa è una delle idee su cui sta lavorando anche il governo.

Non neghiamo che si ponga la questione di tutelare queste persone, ma a noi la soluzione del reddito minimo sembra essere antistorica. Tutta la letteratura internazionale sostiene che il prolungamento della vita attiva è un’esigenza imprescindibile in conseguenza degli andamenti demografici che altereranno sempre di più il rapporto tra anziani e giovani e che produrranno i loro effetti sul mercato del lavoro, rendendo necessario, appunto, una permanenza più lunga degli anziani al lavoro.

Il che comporterebbe l’esigenza di investire su questa prospettiva (difficile, ma indispensabile) sia sul versante delle politiche attive, sia su quello delle politiche contrattuali, retributive e dell’organizzazione del lavoro, utilizzando le risorse (Boeri afferma che si tratterebbe di 1,6 miliardi su base annua) altrimenti impiegate per ‘’rottamare’’ persone ancora in grado di lavorare.

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Sarebbe più opportuno sostituire il reddito minimo con un bonus per chi assume lavoratori over 55enni che hanno perso il lavoro. Poi non si venga a parlare di ‘’esodati’’ (i soggetti incappati nei nuovi requisiti della riforma Monti-Fornero), per i quali sono state predisposte salvaguardie sufficientemente adeguate (tanto che si realizzano dei risparmi rispetto agli stanziamenti previsti). La misura proposta da Boeri riguarderebbe gli ‘’esodandi’’ dei prossimi anni e si tradurrebbe anche in un incentivo al lavoro sommerso. Molto meglio potenziare l’ASDI (la prestazione, legata alla prova dei mezzi, prevista nel dlgs n.22 del 2015, in attuazione del Jobs act Poletti 2.0).

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Interessante il caso dei titolari di partita Iva. Nel corso del 2014 ne sono state aperte 574mila nuove; per 76mila ciò è avvenuto nel mese di dicembre, si presume come anticipazione per non incorrere nel nuovo regime fiscale, di cui alla legge di stabilità, che è entrato in vigore il 1° gennaio di quest’anno (e che poi è stato modificato in sede di decreto ‘’mille proroghe’’). L’86% delle nuove partite Iva riguarda persone fisiche, il 10,9% società di capitali e il 3% società di persone. Lo 0,5% è relativo ai non residenti e alle altre forme giuridiche. I settori di attività prevalenti sono il commercio, seguito dalle attività professionali.

Vi spiego costi e impatto del reddito minimo alla Boeri (Inps)

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dopo aver ribadito il suo diritto di avanzare delle proposte, insiste nel progetto di riconoscere un reddito minimo a quanti perdono il lavoro nella fascia d’età tra i 55 e i 65 anni. Il ministro Giuliano Poletti (a nostro avviso contraddicendo quanto aveva sostenuto pochi giorni or sono rispondendo ad un’interrogazione) ha ammesso che questa…

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