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È possibile trovare un legame fra le categorie politiche di tradimento, trasformismo, opportunismo? E vi sono personalità che interpretano tali concetti nel mondo di oggi?

“Traditori di talento”

Questi gli interrogativi emersi ieri sera alla presentazione, presso l’Aula Toti dell’Università Luiss “Guido Carli”, del libro dell’avvocato Alessandra Necci intitolato “Il diavolo zoppo e il suo compare. Talleyrand e Fouchè o la politica del tradimento” (Marsilio).

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Due figure – racconta l’autrice – caratterizzate da enorme ambiguità, inclinazione all’inganno, avidità di potere e denaro, efferatezze di ogni genere. Capaci di percorrere da protagonisti, grazie a una formidabile spregiudicatezza, molteplici stagioni a cavallo tra Sette e Ottocento. Restandone sempre indenni e uscendone ogni volta rafforzati, dall’ancien regime alla Rivoluzione francese fino al Congresso di Vienna.

Ma allo stesso tempo uomini di grande talento, che per tale ragione furono confermati da Napoleone in ruoli di alta responsabilità: “Prova della nobiltà d’animo di Bonaparte”. A estrometterli e neutralizzarli fu un personaggio di rango politico-intellettuale minore, in grado di superarli per capacità di tradimento verso la propria dinastia pur di giungere al potere: Luigi XVIII, il re Borbone tornato sul trono di Parigi con la Restaurazione.

Le caratteristiche distintive di due opportunisti

Il racconto della parabola di Charles Maurice di Talleyrand e Joseph Fouchè, ha rileva l’intellettuale conservatore ed ex parlamentare di Alleanza Nazionale Gennaro Malgieri, è un grande romanzo del potere colto nelle manifestazioni più criminose.

Aristocratico il primo e plebeo il secondo, entrambi ricevettero una formazione cattolica in seminario. Ma il diplomatico, una volta divenuto vescovo, celebrò 13 messe in tutta la vita e fu promotore della legge per espropriare i beni ecclesiastici. Salvo conservare i propri privilegi. Mentre il futuro ministro di Polizia rinnegò ogni legame con la religione quando si rese conto che costituiva un ostacolo al potere nell’epoca del Terrore: “Emblema di una rivoluzione che divora i suoi figli e fa a pezzi i suoi capi, anziché redimere un popolo dalla tirannide”.

ECCO CHI C’ERA ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ALESSANDRA NECCI. LE FOTO DI PIZZI

L’ammirazione di Kissinger per Talleyrand

Si tratta di personaggi, ha osservato il saggista Malgieri, che rivelano una Francia priva di identità. E che spiccano per opportunismo e servilismo legati a crimini orribili. Come la campagna militare promossa da Napoleone contro la Spagna su impulso di Talleyrand, e la strage di Lione perpetrata nel 1794 per ordine del giacobino Fouchè: “Autentico anticipatore delle polizie tipiche dei regimi totalitari del Novecento, e ricattatore di Bonaparte che non trovò il coraggio di liberarsene neanche nella fase finale dei Cento giorni poiché ne era soggiogato psicologicamente”.

Tutti e due – ha rimarca il giornalista e scrittore – lavorarono o finsero di lavorare per il potente di turno, pur di guadagnare profitto e privilegi. Soprattutto il ministro degli Esteri, capace di conservare per la Francia i confini precedenti al 1792 nel corso del Congresso di Vienna. Fattore che gli avrebbe guadagnato l’ammirazione di Henry Kissinger.

La modernità di Talleyrand

L’iniziativa realizzata dal diplomatico nel corso delle trattative nella capitale dell’Impero Asburgico, osserva il presidente dell’Istituto Bruno Leoni Franco Debenedetti, rappresentò “un capolavoro da parte di un personaggio straordinario e coerente. Che prefigurò, anche attraverso intrighi e inganni, un’Europa dei trattati con accenti precursori di un Alcide De Gasperi e di un Helmut Kohl”.

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“Un uomo di Stato”

Talleyrand, ha evidenziato il direttore di Rai Uno Giancarlo Leone, era un gran commis d’Etat che nutriva il senso dello Stato.

È in tale ottica che a suo avviso possono essere comprese le scelte compiute dal diplomatico: dall’adesione all’Assemblea Costituente e alle leggi rivoluzionarie all’esilio negli Usa nell’epoca del Terrore, dal ritorno con il Termidoro al ruolo di consigliere di Napoleone fino alla funzione centrale esercitata nella Restaurazione. Sempre nella veste di ministro degli Esteri.

Il “più grande trasformista” dell’Ottocento, afferma il dirigente della Tv pubblica, contribuì a costruire e legittimare i nuovi equilibri dell’Europa e della Francia post-rivoluzionaria.

“Meriti storici indiscutibili”

Ragionare sulla cornice storica e culturale dell’epoca, ha spiegato l’ex presidente della Camera e animatore della Fondazione “Italia Decide” Luciano Violante, è necessario per capire la nozione politica di tradimento o di cambiamento d’opinione.

L’atmosfera del Sette e Ottocento, ha ricordato l’ex magistrato, era figlia dell’eredità seicentesca: “Caratterizzata dall’elogio della dissimulazione per mascherare l’espressione della verità nei confronti del sovrano assoluto. Una strategia che costruisce tecniche subdole per governare e rafforzare il potere”.

Ebbene – precisa l’ex numero uno della Commissione Antimafia – Fouchè creò la prima polizia politica, fondamentale in ogni Stato moderno. Mentre Talleyrand riuscì in un’azione diplomatica di grande intelligenza, “riuscendo a separare la nazione francese da Napoleone nel corso del Congresso di Vienna”.

Un aneddoto ricco di significato

Per comprendere l’idea odierna di tradimento politico Violante cita un avvenimento emblematico risalente alla primavera 1992, quando le Camere erano riunite per l’elezione del Presidente della Repubblica.

“Giunse in Parlamento una delegazione della Slovenia, e mi rivolsi all’allora Presidente del Consiglio Giulio Andreotti per accoglierla. Mi rispose che ci saremmo visti al termine dell’incontro del gruppo parlamentare della Democrazia cristiana, convocato per individuare il nome del proprio candidato per il Colle. Quando ci ritrovammo, il capo del governo mi rivelò che il segretario del partito Arnaldo Forlani era stato scelto con voto unanime. Gli chiesi quando avremmo potuto dare il benvenuto alla rappresentanza slovena. Mi rispose ‘Nel pomeriggio dopo lo scrutinio, o domani mattina o nel pomeriggio’. Sapeva perfettamente che il voto per il Quirinale, come avvenuto spesso con lo scrutinio segreto, sarebbe sfociato in un nulla di fatto”.

Tuttavia – conclude l’ex parlamentare dell’Ulivo – un conto sono i voltafaccia che si consumano nell’ombra, un latro è parlare con gli avversari riconoscendo loro ragioni e meriti: “Scambiare per tradimento un atteggiamento simile richiama una visione pre-moderna del confronto democratico”.

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Singolari risonanze

Una lettura originale è fornita da Myrta Merlino, conduttrice de “L’aria che tira” su La7 che ha letto il libro tentando di comprendere le vicende del presente. E così facendo le sono venuti in mente due paralleli ben precisi.

Rispondendo alle accuse di legarsi al “principe di turno” con assoluta spregiudicatezza, Fouchè rivendicava la validità di quel legame “fino a quando il potente non abbandona se stesso”. Parole che la giornalista ha ricollegato al rapporto di Raffaele Fitto con Silvio Berlusconi.

A chi gli rimproverava l’adesione ai mutevoli regimi politici nel corso del tempo, Talleyrand replicava: “Non sono fedele ai governi che passano, resto fedele alla Francia”. Frase che ha ricordato alla ancorwoman le ragioni con cui Angelino Alfano illustrò la costituzione del Nuovo Centro-destra nell’autunno 2013: “Tra l’adesione a Forza Italia e la responsabilità verso l’Italia abbiamo preferito il bene del paese”.

Ecco i pro e i contro del tradimento in politica

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