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Pubblichiamo la lettera dell’ex sindaco di Roma, Francesco Rutelli, uscita oggi sul quotidiano Il Tempo

Caro direttore,

sì, Roma è al collasso amministrativo.

La nuova giunta che prende luce – con la benedizione, sembra, del premier Renzi – dovrebbe avere minori ostacoli politici nel rapporto col governo, e potrebbe dedicarsi a una riorganizzazione decisiva a beneficio dei romani (e dei visitatori).

Lei sa bene che in tutto questo periodo io non mi sono unito alle geremiadi distruttive, ed ho cercato – quando sono stato interpellato – di dare suggerimenti concreti. Non ascoltati, certo; ma doverosi, da parte di chi ha avuto l’onore di guidare per oltre sette anni, fino al gennaio 2001, la Capitale come primo sindaco eletto (e, finora, più votato) dai cittadini. E poiché non intendo avere alcun incarico pubblico, con spirito civico accolgo il suo invito e provo a indicare le problematiche più gravi che la nuova giunta dovrebbe affrontare, per noi che in questa città abbiamo famiglie che vivono e lavorano.

1. Una differenza tra le Amministrazioni degli anni ’90 (e quelle di Veltroni, col loro egregio lavoro) rispetto a quelle di oggi, la si legge nel numero di deliberazioni della Giunta. Erano oltre 4.000 all’anno con la mia giunta, solo poche centinaia oggi. Dunque, siamo passati da un enorme lavoro politico, ma anche tecnico-amministrativo (svolto da un organismo collegiale formato da personalità di grande solidità e competenza), ad atti di governo odierni prevalentemente di indirizzo, poiché la legge ha trasferito in capo a livelli inferiori (le celebri determinazioni dirigenziali) buona parte dell’attività amministrativa. Risultato: o il vertice politico guida e controlla questo processo, oppure si finisce fuori strada e fuori controllo.

2. Senza un radicale disegno riformatore rivolto alla città (cosa deve fare, per 5 anni, l’Amministrazione, per essere efficiente ed efficace con le risorse economiche e umane di cui dispone), Roma cede rapidamente ai suoi peggiori istinti. Un solo esempio: è impensabile che un privato diventi azionista di minoranza dell’ATAC. È possibile, invece, mettere a gara una quota del servizio, come facemmo con l’assessore Tocci nel ’99: 25 milioni di chilometri di trasporto pubblico su 125 milioni annui. Quello fu l’inizio di un processo riformatore; i suoi vantaggi (il contratto di servizio col privato costava la metà rispetto all’ATAC, che fu esclusa dalla gara, in accordo coi sindacati) non sono stati però coltivati in modo virtuoso: i costi del privato si sono adeguati a quelli del pubblico, anziché il contrario. Dunque: solo una massiccia iniezione di concorrenza può evitare la deriva dell’Amministrazione precedente (assunzioni clientelari, valanghe di affidamenti diretti, crescita incontrollata della spesa corrente; tutto all’esame di varie inchieste giudiziarie).

3. Si deve dunque uscire dal regime perverso delle proroghe delle proroghe. Fare gare trasparenti, nuove sfide competitive per uscire dalle spartizioni consociative (tra imprese, e non solo per lottizzazione politica). Qui si annida e moltiplica la corruzione. È un gran lavoro, in cui un valente assessore antimafia può assicurare il controllo di legalità; ma è la riorganizzazione della macchina amministrativa che la sconfigge; e devono essere il segretario generale (dimissionario), col direttore generale (assente) e l’assessore al Bilancio (due volte dimissionario) a fare questo lavoro. Se si fermano i vecchi affidamenti ma non partono quelli nuovi, il degrado è assicurato.

Per aiutare a comprendere lo stato del collasso amministrativo, ecco otto esempi concreti.

– Non esiste ancora un responsabile del coordinamento organizzativo delle istituzioni pubbliche in vista del Giubileo Straordinario annunciato da Papa Francesco da ormai 4 mesi e mezzo.

– Ad agosto, scadono i contratti di 1.000 dipendenti delle scuole del Comune, ma la gara non è stata predisposta, e c’è il rischio che le scuole possano non riaprire.

– Rischio simile per i 3.500 dipendenti della Multiservizi: bando a rischio, e pure le attività di pulizia.

– L’assistenza alloggiativa per centinaia di nuclei familiari (pare che circa il 30% dei fruitori non ne avrebbe diritto a termini di legge) scade, ma non si può prorogare.

– Il Comune non riesce ad assegnare le case popolari disponibili: oltre cento, oggi, sono vuote e a rischio occupazione.

– La chiusura (sacrosanta, attesa da 5 anni) della discarica di Malagrotta non è stata affiancata dalla messa a gara di una mini-discarica funzionale nei 130.000 ettari del Comune di Roma, o nei dintorni. Una struttura indispensabile: costi per la collettività e sporcizia sono assai pesanti.

– L’Auditorium-Città della Musica è privo del nuovo Consiglio di Amministrazione e, soprattutto, dell’Amministratore Delegato: è stato annunciato, ma non nominato, con conseguenze fin troppo ovvie per la programmazione della più importante infrastruttura culturale della città e del Paese.

– Dopo i patologici affidamenti a coop sociali di lavori e funzioni emersi nell’inchiesta “Mafia Capitale” (negli anni ’90, si trattava di una quota minima, e sana, assegnata in base alle leggi in vigore), questi servizi sono paralizzati: si veda la pulizia dei giardini e la condizione catastrofica del verde pubblico.

Caro direttore, potrei proseguire a lungo. Ma per spiegare il collasso della civica Amministrazione, per ora può bastare. Spero che le prossime 24 ore ci diano il segno di un profondo cambiamento.

Francesco Rutelli

Caro Ignazio Marino, ecco il collasso di Roma in 8 punti. Firmato: Rutelli

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