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Con 189 voti contrari, 96 favorevoli e 17 astenuti, l’assemblea del Senato ha respinto la richiesta di arresto formulata dalla procura di Trani nei confronti del senatore Ncd-Area Popolare, Antonio Azzollini, nell’ambito dell’inchiesta sul crac della casa di cura della Divina Provvidenza di Bisceglie.Il voto segreto ha ribaltato la posizione espressa dalla giunta per le immunità che a maggioranza aveva votato a favore della richiesta di arresto.

Nel corso del dibattito, il presidente del Senato, Pietro Grasso, ha annunciato che era arrivata la richiesta di procedere a voto segreto. Avendo verificato che la richiesta era giunta dal prescritto numero di senatori, l’Assemblea di Palazzo Madama si è espressa con voto segreto (chiesto da Ncd e appoggiato dai verdiniani del neo nato movimento Alleanza Liberalpopolare-Autonomie)

Anche se il vicesegretario Pd Debora Serracchiani non si è detta entusiasta dell’esito («Oggi al Senato avrei votato secondo le indicazioni della Giunta per Immunità, senza impedire l’arresto di Azzollini»), il Pd ha lasciato libertà di scelta e i voti democrat sono stati decisivi.

Una scelta – quella dei vertici del Pd renziano – apprezzata da Peppino Caldarola, giornalista di lungo corso, saggista ed editorialista, già direttore dell’Unità.

Caldarola, il “No” del Pd può essere visto come la fine del giustizialismo di sinistra?

Quello di sinistra no, ma la verità è che il Pd di Renzi non è mai stato giustizialista, bisogna dargliene atto. È vero però che negli ultimi mesi è stato molto ondivago. Il “No” è una scelta ragionevole, come lo è quella di far valere sempre un voto individuale e non di partito.

Dice ondivago perché si riferisce al caso Genovese? Francantonio Genovese, senatore Pd, indagato per truffa e peculato e arrestato a seguito dell’autorizzazione, votata anche dal PD, della Giunta per le autorizzazioni nel marzo 2014.

Anche, ma bisogna fare riferimento non solo ai casi di limitazione delle libertà personali. Ad esempio il comportamento giustizialista che ha avuto il Pd per il caso Lupi – l’ex ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, dimessosi nel marzo 2015 in seguito a forti pressioni pubbliche ricevute dal premier Renzi – non è stato lo stesso per altri casi ancora peggiori: serve una linea continuativa. Allora sì, il Pd di Renzi si potrà dire garantista.

Perché, in questo caso, ritiene che il “No” sia stata una scelta ragionevole?

Perché non sussistono i requisiti per una carcerazione preventiva, vale a dire quelli di inquinamento delle prove, della reiterazione del reato e della fuga dell’imputato. Ma questa è una mia opinione. La decisione dei senatori, lasciata loro la libertà di coscienza, volge sempre verso l’assoluzione sia per legami personali che per un generalizzato sentimento persecutorio da parte della magistratura. Poi, volendo essere garantisti anche nei loro confronti, diciamo che si sono letti le carte.

E poi nel caso Azzollini non ha avuto un peso anche la volontà del vertice del Pd di non esacerbare i rapporti con il Nuovo centrodestra?

Certamente. Renzi non può permettersi una prova di forza da parte dell’Ncd e così sia lui che Alfano possono tirare un respiro di sollievo.

E la sinistra Pd?

La sinistra PD, dal suo punto di vista, ha avuto l’ulteriore conferma dello slittamento a destra di Renzi, quindi questo voto non farà altro che acuire lo scontro intra Pd. Probabilmente dopo l’estate ci sarà una scissione di fatto: sia tra alcuni parlamentari (che raggiungeranno Stefano Fassina e Sergio Cofferati) che tra gli elettori.

Ma di cosa ha paura la sinistra Pd?

Del Partito della Nazione.

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