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Articolo tratto da Nota Diplomatica

Nell’ambaradan ritualistico per la più recente tragedia del mare – la perdita di qualcosa tra i 700 e i 900 migranti nordafricani nel Canale di Sicilia – la grande stampa italiana sembra aver preferito sorvolare su un’interessante notizia di provenienza estera.

Graham Leese, un ex dirigente del servizio d’immigrazione britannico e già “special advisor” alla Frontex, l’agenzia Ue per il controllo dei “confini esterni”, ha confermato al Telegraph inglese che i trafficanti libici abitualmente “telefonano alle autorità italiane per avvertire che i barconi sono in arrivo”.

Così, dice, “mettono meno carburante nei natanti perché possono aspettarsi che verranno intercettati”. I commenti sono altra benzina sul fuoco della controversia europea su cosa fare per limitare la fiumana degli arrivi africani. Molta parte dell’Ue ha avversato l’italiano “Mare Nostrum”, non per il costo ma proprio perché troppo efficace.

Per questi Paesi – soprattutto la Germania e il Regno Unito – il salvataggio di oltre 160mila persone in mare nel 2014 (dato Unhcr) non era un trionfo umanitario, ma un “servizio taxi” che incoraggiava l’immigrazione abusiva.

Il compromesso al ribasso, il programma “Triton” – definito “minimalista” dall’agenzia Bloomberg – non è fatto per salvare le vite ma per difendere i confini. E’ un approccio che a fronte di un costo umano molto alto ha dimostrato di non servire nemmeno per controllare l’afflusso, sempre più massiccio.

Mare Nostrum e Triton, cosa pensano davvero Merkel e Cameron

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