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Dopo le euforie o gli anatemi dei primi momenti, oggi possiamo valutare con più calma l’accordo sulla Grecia. Di sicuro l’accordo è una cosa positiva, perché ha evitato uno scenario dalle conseguenze imprevedibili. D’altro canto siamo solo all’inizio e le fibrillazioni interne alla Grecia fanno già capire che il percorso non sarà facile.

Due cose sono a mio avviso rilevanti. Innanzitutto la vera leadership a livello europeo non la sta esercitando Angela Merkel, bensì Mario Draghi, che ha lavorato per una soluzione che evitasse la cosiddetta Grexit. La linea iper-rigorista Merkel-Schauble mirava sostanzialmente a un continuo inasprimento della trattativa che portasse infine a un’uscita magari anche solo momentanea della Grecia dall’euro.

L’altro elemento importante dal punto di vista politico è che si è dimostrata una volta di più l’inconsistenza delle politiche post-sessantottine alla Tsipras. Il referendum convocato in fretta e furia per appiccicarsi la stelletta del leader democratico è stato del tutto inutile, come già avevamo detto all’indomani della votazione. Le chimere dei demagoghi di tutta Europa in viaggio verso la Grecia di Syriza (e l’Italia ne ha validissimi esempi) si rivelano per quello che sono: giochetti per bambini invecchiati che pensano di far politica prescindendo dalla realtà.

Ora la solidità filoatlantica del capo della BCE (non dimentichiamo gli appelli da oltre oceano a favore di una chiusura pacifica della vertenza greca), capace di tenere a bada le pretese egemoniche tedesche, sarà anche in grado di favorire un nuovo protagonismo politico europeo, magari a trazione mediterranea? Inutile girarci intorno, il punto debole di questa possibile rinascita siamo proprio noi, l’Italia. Lo smisurato debito pubblico italiano impedisce al nostro paese di occupare la posizione che dovrebbe avere all’interno del dibattito politico comunitario: chi non ha notato l’imbarazzo con cui in questi giorni il nostro presidente del Consiglio ha tentato di guadagnare spazio in una discussione che lo ha visto sistematicamente ai margini? E nel frattempo il nostro debito aumenta ancora, e la pressione fiscale pure (in Grecia il fisco pesa sul PIL il 33%, in Italia il 44%!). La figura del rottamatore ha funzionato, ma la sfida è un pochino più ampia, caro Renzi. L’Europa ha bisogno di una nuova estetica cattolica, inondata com’è dal (rispettabilissimo…) rigore protestante che tanto aiuta lo svilupparsi di movimenti politici capricciosi ed inconsistenti stile Syriza. Ci vuole chiarezza culturale, determinazione sull’essenziale non sui particolari. Ci vuole un’Italia meno pesante: non basta piazzare i propri uomini in tutte le stanze del mostro statale, il mostro statale va abbattuto, non ristrutturato a propria immagine e somiglianza.

E infine un sincero appello anche a noi, del cosiddetto centrodestra: la palla è ora da questa parte, lo spazio c’è e lo scopo è chiaro. Ricostruire una destra moderata, autenticamente liberale e cattolica, che collabori con l’altra destra, quella più intransigente ma così chiaramente non autosufficiente (vedasi le imbarazzanti capriole intorno alle imprese di Tsipras). Giriamo pagina con realismo ed intelligenza, ma facciamolo ora, prima che Draghi si stanchi di farci da badante.

Grecia, perché il vero leader in Europa è Draghi

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