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Come sostiene il direttore di Formiche.net, Michele Arnese, in un suo corsivo, vero è che gli Italiani poco, per nulla, si eccitano sulle vicende dell’Italicum o altre leggi elettorali. A domanda diretta risponderebbero se trattasi del nome di un nuovo amaro, di quelli con il gusto pieno della vita oppure da bere in una Milano che aspetta ansiosa l’inizio di Expo, magari sognando fasti e atmosfere da anni ’80.

Ma è pur vero che in base a quella – dato che pensare di modificare “la più bella del Mondo” per arrivare ad un modello presidenzialista è un peccato mortale – si determinano poi i destini dei governi, quindi di noi comuni cittadini.

Ciò detto, nel merito delle discussioni sulle varie opzioni disponibili, è bene distinguere le opinioni dai fatti. Le prime, molteplici e variegate, includono di tutto e di più, ogni modello o formula con i suoi pregi ed i suoi difetti, emulazioni di altri Paesi e rischi connessi, vantaggi e punti di debolezza nell’esercizio delle prerogative democratiche, pesi e contrappesi. In sintesi, un sacco di ciacole, probabilmente interessanti per pubblici dibattiti e per quattro gatti di politici ed intellettuali, ma prive di costrutto.

Del resto i risultati in termini di fattiva e duratura governabilità nell’era repubblicana parlano da soli. Le coalizioni di governo – espressione che fa venire l’orticaria – non hanno portato a nulla di buono, nonostante in passato avessimo avuto professionisti del calibro di De Gasperi, Togliatti, Craxi e Andreotti la cui levatura politica non è nemmeno paragonabile a quella dilettantesca della XVII Legislatura. I secondi, o meglio, il secondo è un fatto: non esiste una legge elettorale perfetta, ovvero un modello che possa garantire 100% di democrazia e nel contempo il 100% di governabilità.

Quindi anche l’Italicum di renziana (e berlusconiana..) genesi non può certamente definirsi perfetto, ma il segretario Matteo Renzi bene farebbe a tirare diritto senza dover cedere alle continue lagnanze della sua minoranza ed il Presidente del Consiglio a non curarsi delle strilla dell’opposizione. Trovare un equilibrio tra rappresentanza, democrazia e governabilità è certamente uno degli obbiettivi. La politica è l’arte del possibile, ma democrazia non significa mettere in condizione chi dovrebbe governare di non poterlo fare, sottoponendolo ai mille fili invisibili degli interessi di piccolo cabotaggio. Un eccesso di democrazia, quella troppa libertà di ciacolare, per un Paese con mille difficoltà e problemi, ma altrettante opportunità per risolverli, è un lusso insostenibile che non consente di essere agili e scattanti sulle decisioni e soprattutto sui tempi di intervento dell’azione di governo.

In tempi difficili di crisi sociali e conflitti mascherati da scontri di civiltà, nuovi soggetti – Brics – si sono affacciati negli ultimi lustri sulla scena economica e geopolitica mondiale, pretendendo il loro pezzo di benessere con la grinta e la determinazione di un affamato che esige il suo posto alla nuova tavola della ricchezza mondiale.

Un partito maggioritario, un governo che governi magari si potrebbe anche concentrare, libero da mille lacci e lacciuoli, su come trovare posto a quella tavola. E l’Italia, fantasticando, potrebbe essere l’ospite che cucina il cibo, accoglie i ricchi commensali, magari poi aiuta loro a scegliere come vestirsi, educandoli nello stile e nella bellezza di una cultura fatta di arte e storia che si manifesta in ogni angolo del Belpaese e del suo bellissimo territorio.

Insomma, tante cose si potrebbero fare evitando le troppe ciacole su inesistenti pericoli da deriva autoritaria: occorre solo decidere.

Perché l'Italicum non è una deriva autoritaria

Come sostiene il direttore di Formiche.net, Michele Arnese, in un suo corsivo, vero è che gli Italiani poco, per nulla, si eccitano sulle vicende dell’Italicum o altre leggi elettorali. A domanda diretta risponderebbero se trattasi del nome di un nuovo amaro, di quelli con il gusto pieno della vita oppure da bere in una Milano che aspetta ansiosa l’inizio di…

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