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Ieri il Governo Tsipras ha stabilito, per decreto presidenziale, l’accentramento del cash delle municipalità, una mossa che potrebbe prolungare fino a maggio inoltrato l’autosufficienza delle casse greche (si parla di 1.5 – 2 bln di cash racimolato), ma che ha un significativo costo politico per Syriza, come si nota dalle reazioni violente degli interessati, che ne hanno messo in dubbio la legalità.

Con l’Eurogruppo informale di dopodomani dato ormai per interlocutorio nella migliore delle ipotesi, vista la distanza tra le parti, le speranze di un accordo che sblocchi un esborso parziale di fondi vanno a quello ufficiale dell’11 maggio.

Se la retorica lascia un po’ di spazio alla speranza, visto i toni costruttivi di diversi protagonisti nelle ultime ore, la realtà è che le posizioni restano estremamente distanti, col Governo locale che rifiuta apertamente di negoziare sulle sue priorità (niente tagli alle pensioni e ai salari, privatizzazioni e nuove tasse) e anzi si impegna a smantellare l’esistente, e i creditori che pretendono invece il varo delle riforme previste dal Memorandum of understandings.

Dal canto suo l’ECB continua a sostenere le banche locali con l’ELA, ma trapelano segnali che una minoranza del Governing Council sarebbe sempre più a disagio. Inoltre Bloomberg riporta che la Banca Centrale Europea potrebbe aumentare l’haircut sugli asset greci dati in collaterale in cambio dei fondi ELA, in pratica mettendo un ulteriore tetto al rifinanziamento (non è chiaro di quanto collaterale dispongano le banche greche ancora). In altre parole l’ECB mantiene alta la pressione sulla Grecia.

Con 2.7 miliardi di € (tra stipendi pubblici, e pagamenti all’ IMF) in uscita entro il 15 maggio (cui si aggiungono 2 aste Tbills da 1.4 bln l’una), sembra assai improbabile che il Governo greco possa giungere a giugno onorando tutti gli impegni.

Quindi se l’11 non si raggiunge un accordo, è facile che la Grecia salti un pagamento all’IMF. Ciò non si traduce automaticamente in un default, dal momento che è previsto un periodo di grazia di 2 mesi, ma un evento del genere condurrebbe facilmente ad un accelerazione della fuga dei depositi, che sarebbe con ogni probabilità affrontato con l’istituzione di controlli sui capitali, in attesa che Tsipras decida se ammorbidire la linea, eventualmente con un rimpasto, un referendum o nuove elezioni, oppure tentare la strada del default.

Profondo l’impatto sugli asset greci delle ultime notizie, con Atene sui minimi e il 3 e il 10 anni greco rispettivamente a 28.5% e 13.25%. E inevitabile un po’ di impatto sui bonds periferici, con gli spread di Italia, Spagna e Portogallo in significativo allargamento negli ultimi giorni. L’idea sottostante è che il ritorno, dopo Cipro nel 2013, di controlli sui capitali in Europa produca qualche uscita dai paesi più vulnerabili, eventualmente visti come futuri candidati all’istituzione di controlli.

Giuseppe Sersale
Strategist di Anthilia Capital Partners Sgr

Perché la Grecia è a un passo dal default

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