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Per una volta non è stato frutto della fantasia. Non un gossip, come lei stessa l’aveva giudicato poco più di dieci giorni fa, alla nostra richiesta di chiarimento in merito alle sue possibili dimissioni.

“Non mi sono sentita sostenuta, anche se questo governo è meglio dei precedenti. Forse il presidente del Consiglio ha chiaro quanto sia importante questa partita, ma gli altri senz’altro no”.

Sono queste le parole con cui Alessandra Poggiani, nominata dal governo Renzi a luglio scorso direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale (Agid), con polemiche mai sopite sulla sua laurea, dichiara in un’intervista a Wired di voler lasciare il timone dell’Agid, per candidarsi alle elezioni regionali del Veneto, da esterna, nella lista Pd di Alessandra Moretti.

“Non posso cambiare le cose da sola, senza squadra. Ed è difficilissimo farlo se il digitale è ancora ritenuto una questione tecnica e non una priorità, trasversale a tutto il resto”, ha detto Poggiani a Wired.

Chi e perché non l’avrebbe sostenuta? Tutti bravi i suoi colleghi, per carità. Ma forse troppi presi dai rispetti impegni. Ecco le prime stilettate con nomi e cognomi: “Stefano Quintarelli segue con gran tenacia le battaglie che gli stanno a cuore, ma poi comunque ha la sua attività di parlamentare. Riccardo Luna ha fatto un lavoro intelligente con i digital champions locali, è servito ad esempio per spiegare la fatturazione elettronica, ma lui è un comunicatore. Paolo Barberis (consigliere di palazzo Chigi per l’innovazione ndr) a sua volta deve seguire le proprie attività”, ha criticato Poggiani senza tanti giri di parole.

Dunque, ciao Roma: “E’ più facile ottenere risultati a livello locale che a livello nazionale”, ha dichiarato l’ex direttore dell’Agid.

Da non sottovalutare il legame alla città veneta: “Il richiamo di Venezia per me è molto forte. Credo davvero di poter far qualcosa per cambiare la città e il Veneto”, ha spiegato.

Ma quali sono le ragioni che hanno portato Poggiani a dimettersi?

Un problema tra gli addetti ai lavori, la situazione oggettiva che rende tutto complicatissimo, un’eccessiva stratificazione di norme e competenze e un piano per la banda ultralarga limitato, ha confessato oggi.

E avere, in un certo senso, le mani legate: “Assumere nella pubblica amministrazione è impossibile. L’agenzia è un dipartimento della presidenza del Consiglio, non è nemmeno un’azienda. Avrei voluto almeno riorganizzare, ma anche lì, avevo sottovalutato i sindacati del pubblico impiego. Impossibile dare obiettivi ai dipendenti. Quando sono arrivata c’erano 120 contenziosi su 80 persone”.

E dire che a pochi mesi dal suo insediamento, contratti e consulenze ne erano fioccati (leggi qui le prime assunzioni) . Ricordiamo che Agid, al primo aprile 2014 contava già ben 95 dipendenti.

Sulla decisione di Poggiani non possono non aver influito anche i progetti in cantiere a Palazzo Chigi, con il consigliere personale del premier, Andrea Guerra, che con il capo azienda di Poste Italiane, Francesco Caio, sta valutando come riorganizzare e ristrutturare enti, agenzie e competenze sul digitale. Un riassetto che intaccherà anche l’Agid, come anticipato e ricostruito negli scorsi giorni da Formiche.net, e che potrebbe far nascere un dipartimento ad hoc alla presidenza del Consiglio. Un progetto su cui sarebbero arrivati anche consigli dell’ultra renziano Marco Carrai.

Inoltre, secondo le ultime indiscrezioni raccolte da Formiche.net in ambienti della magistratura contabile, si vocifera di una indagine in fieri per danno erariale per alcune decisioni assunte dai vertici dell’Agid.

Agenzia Digitale, Poggiani molla e sballotta un po' di renziani

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