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Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori e dell’autore pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Dietro lo scontro, aspro non solo nei toni quanto poche volte nel passato si è registrato nelle relazioni politiche tra Usa e Israele, tra il presidente Barack Obama e il premier Benjamin Netanyahu c’è soprattutto la decisione presa dalla Casa Bianca di fare dell’Iran la seconda Cuba. Dagli anni ottanta le sanzioni americane colpiscono commercialmente l’Iran e si applicano a tutti i settori economici con rarissime eccezioni. Nei fatti hanno tenuto una grande economia del pianeta, circa 80 milioni di consumatori, e il secondo produttore petrolifero per riserve stimate, circa 150 miliardi di barili cioè circa il 10% delle riserve totali mondiali, ai margini della globalizzazione.

L’Iran, a differenza dell’Irak o della Siria, non è uno Stato inventato sulla carta dalle ex potenze coloniali. Il suo stato e le sue istituzioni sono plurisecolari, quindi organizzate e vere. È la culla spirituale dei musulmani sciiti, in conflitto permanente con i sunniti, e l’avversario politico regionale più temibile per Israele. La sua popolazione ha un buon tasso di scolarizzazione e dispone di valide conoscenze specialistiche. Il programma nucleare iraniano è nei fatti autofinanziato e autarchico.

Nel Medio oriente l’Iran è ormai una potenza regionale al pari della Turchia e dell’Arabia Saudita. Tenerla in uno stato di sanzionamento permanente finisce con indebolirne anche il ruolo stabilizzatore che può giocare nella regione. Perfino il confronto con l’Isis è più agevole se l’azione internazionale contro il Califfato è supportata anche da Teheran.

In più ci sono gli aspetti legati con la Storia. Obama ha deciso che dopo la fine dell’embargo a Cuba, un autentico residuo della guerra fredda, anche l’ultratrentennale embargo all’Iran debba essere superato. Probabilmente già dal prossimo luglio visto che le negoziazioni sono in corso da tempo e che il presidente riformista Hassan Rohani ha intelligentemente proposto un referendum popolare per chiedere direttamente alla popolazione cosa intende fare con il programma nucleare, confidando sul fatto che una comunità stremata da sanzioni economiche dure sia incline ad avallare la rinuncia alla bomba atomica iraniana. Obama ha come obiettivo di passare alla Storia come il presidente della «pacificazione globale», quello capace di impostare e imporre la pax americana nell’economia mondiale. Ovvio che così agendo dischiude spazi di reazione politica, anche violenta, in alcuni alleati storici di Washington come Tel Aviv e Riyadh. Reazioni e turbolenze che, evidentemente, il presidente Usa ha già messo in conto. Per l’Italia, partner commerciale storico dell’Iran, si tratta comunque di una buona notizia.

Perché Obama amoreggia con l'Iran

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori e dell’autore pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi Dietro lo scontro, aspro non solo nei toni quanto poche volte nel passato si è registrato nelle relazioni politiche tra Usa e Israele, tra il presidente Barack Obama e il premier Benjamin Netanyahu c'è soprattutto la decisione…

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