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Radio Rai continua ad arrancare. Una volta perso il primato non è riuscito a riprenderlo, ma neanche ad avvicinarsi agli ascolti di un tempo.

Ad esempio, Radio Uno sino al 2012 era considerata la “rete ammiraglia” dell’informazione radiofonica Rai. Qualcuno, enfaticamente, la definiva la prima radio italiana e forse europea, con i 7 milioni di ascoltatori in media ogni giorno. Poi le cose sono cambiate.

Con la chiusura di Audiradio, altre società con metodi discutibili hanno premiato diverse reti private e collocato i canali Rai dal settimo posto in giù. Una “catastrofe” per le reti radiofoniche pubbliche, anche perché – come si sa – minori ascolti si traducono in minori entrate pubblicitarie, mentre la quota fissa degli abbonamenti (inserita nel canone tv) non riesce a coprire neppure per un terzo i costi complessivi della radiofonia pubblica.

C’è anche da aggiungere che i costi fissi, a cominciare da quelli del personale e dei giornalisti, continua a crescere: oltre 200 giornalisti per il Giornale radio, a cui si aggiungono almeno 50 assunzioni a termine, mascherati da contratti da programmista e assistenti ai programmi, oltre ai consulenti. Vanno sommati poi i contratti per esterni (musicisti, conduttori, tecnici, impiegati ,ecc.). Complessivamente, fra interni ed esterni, i dipendenti superano largamente le 600 unità.

Un primato non solo nazionale, ma europeo. I numeri esatti sono considerati un “segreto aziendale” (altro che trasparenza). Gli stessi consiglieri d’amministrazione devono fare richiesta scritta al direttore generale e ,a distanza di diversi giorni, riescono ad avere una risposta ufficiale.

La direzione generale ha imposto anche ai Gr e alle reti radiofoniche, nel quadro generale del contenimento dei costi aziendali, una consistente riduzione ,anche con l’adozione di una serie di misure, che tendono a ridurre il numero di edizioni radiofoniche nei canali 2 e 3, in qualche modo compensate col ripristino su Radio 1 delle news brevi ogni mezzora, come avveniva al tempo della direzione di Paolo Ruffini e, in parte, con quella di Livio Zanetti. Successivamente ogni direttore (soprattutto quelli che venivano “paracadutati” dalla tv, ,come Claudio Angelini e Antonio Caprarica) e altri (come il penultimo,”defenestrato” da Gubitosi, Antonio Preziosi) tendevano a ricavare spazi sempre più ampi per nuovi programmi da affidare a chi proveniva dal piccolo schermo: per lo più volti noti che, per la feroce concorrenza all’interno della tv, non riuscivano più a trovare collocazione. La conseguenza era rappresentata dal continuo sacrificio degli spazi riservati all’informazione e agli approfondimenti a favore dello sport e dei programmi cosiddetti di “alleggerimento”.

Ogni direttore poi, per favorire i propri “protetti”, tendeva a cancellare i programmi nati o potenziati dai suoi predecessori e inventarne di nuovi, ovviamente cacciando i conduttori per inserirne di nuovi.

Ora il nuovo direttore di Radio Uno, Flavio Mucciante (che ha sostituito il berlusconiano Antonio Preziosi, rimasto in attesa di incarichi in un polveroso ufficio) è stato salutato, almeno da una parte della redazione, con grandi entusiasmi e speranze di cambiamento.

Dopo tanti direttori esterni qualcuno gioiva, dimenticandosi però che anche Preziosi era un interno, che non ha lasciato ricordi positivi nel campo della qualità dell’informazione radiofonica.

Ma con Mucciante (o “Muccante assassina” ,come lo ha soprannominato subito Fiorello) che cosa è cambiato nella informazione radiofonica? Ben poco, purtroppo.

Certo, ha fatto “il grande colpo” di portare Fiorello e la sua squadra da Radio Due (di cui era direttore) a Radio Uno,p ortando via ascoltatori (sempre Rai) da un canale  all’altro. Dato per scontato che ,nonostante le repliche in diverse fasce orarie, Fiorello porti effettivamente ascolti aggiuntivi.

Lo sottolineiamo perché il noto cantante-intrattenitore (sorvoliamo sui costi rilevanti della sue prestazioni) non sembra stimolare incrementi rilevanti di ascolti. Insomma Fiorello sembra aver esaurito la “spinta propulsiva” di un tempo, forse anche per colpa degli autori poco originali. Se ne sono accorti anche diversi critici e forse lo stesso Fiorello che sta pensando di abbandonare la radio per ritornare alla tv.

Per quanto riguarda il “nuovo” palinsesto, segnaliamo un solo punto positivo: quello di aver cancellato i contratti dei conduttori (anche noti) provenienti dalle reti tv. Un po’ poco, per la verità. Per il resto nulla di nuovo, a parte qualche nuovo titolo (“King Kong”, MaryPoppins ecc.) e il recupero di un piccolo programma di qualità: “Corpo 9” di Giorgio Dell’Arti. Mucciante, seguendo il metodo dei suoi predecessori, ha eliminato vecchi programmi, anche se “tiravano”, sostituendoli con altri nel tentativo di conquistare gradimenti della redazione, visto che Preziosi era stato sfiduciato…

Vi sono due rubriche quotidiane importanti  (“Radio anch’io” e “Zapping”), fiori all’occhiello di Radio Uno. Almeno lo erano. Ora hanno subito tali trasformazioni nei loro format da renderli irriconoscibili. Col risultato che l’emorragia di ascolti ha colpito anche queste antiche “perle” . Il vero guaio è che “Muccante assassina” non se ne è ancora accorto. Ha preferito inventare nuovi spot con Radio Uno, definita (da una battuta di Fiorello) “radio mamma”. Si dà però il caso che i “figli” di questa madre novantenne siano diventati più  bravi e comunque molto più ascoltati.

Che succede a Radio Rai?

Radio Rai continua ad arrancare. Una volta perso il primato non è riuscito a riprenderlo, ma neanche ad avvicinarsi agli ascolti di un tempo. Ad esempio, Radio Uno sino al 2012 era considerata la “rete ammiraglia” dell’informazione radiofonica Rai. Qualcuno, enfaticamente, la definiva la prima radio italiana e forse europea, con i 7 milioni di ascoltatori in media ogni giorno. Poi le…

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