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L’obiettivo della Bce è quello di riportare l’inflazione a un livello stabilmente vicino al 2%. Per questo motivo la scelta di ricorrere al Qe sembra più che mai opportuna, se si considera che i prezzi al consumo della zona euro hanno registrato a gennaio una riduzione più forte di quanto atteso, trascinata non solo dal crollo delle quotazioni del petrolio, ma anche dal rallentamento senza precedenti delle componenti core. Contemporaneamente, la crescita rimane molto stentata, domina l’incertezza e la frammentazione, seppur ridotta negli ultimi anni, rimane ancora sufficientemente elevata.

Molti studi empirici basati sull’esperienza di Stati Uniti e Gran Bretagna dimostrano che l’assenza del Qe avrebbe comportato un aumento del tasso di disoccupazione, una caduta del Pil e una spinta deflazionistica comparabili con quelle avvenute durante la Grande crisi del 1929.

L’obiettivo del nostro studio è quello di misurare l’impatto di un aumento dell’attivo della Bce pari a 1140 miliardi di euro attraverso l’acquisto di titoli pubblici sul mercato secondario. Sulla base di questa valutazione lo shock monetario che viene introdotto nell’economia italiana è pari a circa 130 miliardi di euro per 8 trimestri. Le previsioni del modello indicano che l’acquisto di titoli pubblici da parte della Bce determina una riduzione di circa 100 punti base dei rendimenti a lungo termine sui titoli pubblici e, considerando le relazioni tra i tassi d’interesse presenti nel modello, di 35 punti base del tasso sugli impieghi alle imprese.

Quello che ci si attende è che la riduzione del costo del credito incentivi la domanda di beni di investimento. Tenendo conto che il tasso sulle riserve detenute in eccesso presso la Bce è pari a -0.20%, le banche dovrebbero essere incentivate a convogliare la liquidità ottenuta con la cessione di titoli pubblici verso gli impieghi alle imprese. I risultati dell’esercizio indicano, infatti, un aumento dei prestiti alle imprese dello 0.5% e un aumento degli investimenti in beni strumentali e in costruzioni del 4%, che guida la crescita del Pil dello 0.6%.

(L’ANALISI COMPLETA SI PUO’ LEGGERE SUL SITO DI PROMETEIA)

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