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Dopo il voto della Camera sulle legge di stabilità 2015, toccherà al Senato sciogliere dei nodi cruciali non solo su talune specifiche e delicate materie (come, ad esempio, la tassazione del tfr in busta paga e dei rendimenti delle forme di previdenza complementare e degli investimenti della Cassa dei liberi professionisti), ma anche su partite di carattere strutturale come la tassazione sugli immobili, i tagli agli enti territoriali, il patto della salute e quant’altro.

C’è però una novità significativa: il lasciapassare fino a marzo che la manovra di bilancio ha ottenuto da Bruxelles. Se Renzi, così, può guardare davanti a sé con una certa sicurezza, lo deve alla Ue, al ‘’burocrate’’ che presiede la Commissione e alla filiera franco-filandese che ne guida la politica economica.

‘’Ho fatto la scelta di non sanzionare l’Italia e la Francia. Sarebbe stato facile – sono parole di Jean-Claude Juncker – punire i Paesi che non rispettano le regole del Patto: bastava applicare le procedure previste. Ma io ho scelto di lasciarli parlare. E di ascoltare’’.

Molto importante è stata l’apertura di credito sulle riforme promesse dal Governo. L’approvazione ormai prossima del Jobs act Poletti 2.0 sta producendo, più o meno, il medesimo effetto che, a suo tempo, derivò dalla riforma delle pensioni del ministro Fornero.

Al di là dei contenuti – che magari risulteranno, alla fine, più modesti di quanto promesso e di ciò che sarebbe necessario – contano i segnali, sul piano politico e culturale, che un Paese manda di sé.

La tregua ottenuta dalla Ue, al pari delle correzioni che saranno apportate dal Senato, non risolveranno, tuttavia, i limiti di fondo della manovra, se non verrà in soccorso la ripresa dell’economia. Su 32 miliardi di intervento (mettendo insieme le entrate e le spese) dal ‘’giro’’ della Camera deriva un peggioramento dei saldi per 5,9 miliardi. E soprattutto rimangono i dubbi sui risparmi attribuiti alla spending review (circa 5 miliardi), sul recupero di evasione fiscale e sulle nuove modalità di riscossione dell’Iva, di cui il Governo non si è ancora assicurato l’autorizzazione da parte della Ue, con il rischio di dover reperire, in sostituzione, 1,7 miliardi di euro.

Ma le regole di bilancio impongono coperture certe. Così, quando quelle indicate dai Governi sono intessute della ‘’esile sostanza di cui sono composti i sogni’’, la Ragioneria generale dello Stato (Dio ce la conservi !) condiziona la ‘’bollinatura’’ delle norme all’indicazione di ‘’clausole di salvaguardia’’, inevitabilmente destinate ad incrementare le imposte (che alla fine sono le sole entrate minimamente sicure).

Nel caso della legge di stabilità tali clausole prevedono – come eventuale compensazione dell’inefficacia delle coperture previste – aumenti dell’Iva per 12,8 miliardi nel 2016 e per 19,2 miliardi nel 2017 (+1.700 milioni di incrementi di accise dal 2015 e altri 700 dal 2018). Quanto agli interventi essi sono destinati al sostegno dei settori produttivi, ai fondi con finalità sociali (bonus bebè e social card), ad una maggiore flessibilità del patto di stabilità interno.

Vi spiego perché è fragile la tregua fra Bruxelles e Renzi

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