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Il quotidiano Italia Oggi ha pubblicato un interessante confronto tra Riccardo Ruggeri e Corrado Passera. Tema: il rinnovamento del sistema politico, il futuro del Paese, l’Europa.

Un confronto civile e pacato, come si conviene a due persone perbene e intelligenti. Se mi è concessa una (non richiesta) intrusione nel botta e risposta tra i due, devo confessare che -credo come Ruggeri – appartengo alla prezzoliniana “Congregazione degli Apoti”, di “coloro che non la bevono”; di coloro, in particolare, che non hanno mai preso molto sul serio i programmi elettorali, soprattutto quelli di fresco conio redatti per il debutto di un neonato partito. Perché un programma elettorale è anche una forma di promozione pubblicitaria, cui si chiede non tanto di essere credibile, ma soprattutto gradevole.

A questa regola del mercato politico non si sottrae, a mio avviso, il programma di Italia Unica, la creatura di Passera. Le sue promesse sono mirabolanti: meno tasse e più soldi per tutti, investimenti a gogò, piena occupazione, futuro radioso per i giovani, produttività alle stelle, ritmi di crescita americani, servizi pubblici efficienti, Mezzogiorno “centro del Mediterraneo” per l’Europa. Inoltre, (ovviamente) più democrazia con tanto di legge elettorale alla francese. Un piatto da leccarsi i baffi, insomma, servito con abbondanti porzioni di meritocrazia e di etica pubblica.

Passera, insomma, è convinto di poter rovesciare il nostro Paese come un calzino. Tant’è che parla di rivoluzioni e non di riforme. Ma perché lui dovrebbe riuscire là dove Berlusconi ha fallito e Renzi sta fallendo?

Semplice: perché lui è una persona seria e competente, che ha risanato le Poste ed è stato il fiore all’occhiello di un grande istituto di credito. Al contrario, l’uomo nuovo di ieri e l’uomo nuovo di oggi sono, alla resa dei conti, dei similfanfaroni.

Ecco, io non ho motivo di dubitare della stoffa da statista dell’ex amministratore delegato di Banca Intesa; e – essendo un moderato – forse sarei perfino disposto a votarlo. Ma c’è quella maledetta faccenda del salvataggio di Alitalia che ancora non mi va giù, costata ai contribuenti e ai viaggiatori quel botto di miliardi di euro che conosciamo.

Sono sì un moderato, ma non un fesso.

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