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Tra le conseguenze della caduta del prezzo del petrolio ci sono non solo il crollo del costo della benzina e la svalutazione del rublo, ma anche la paralisi degli investimenti nel settore energetico, soprattutto sul lungo periodo.

Il rapporto dell’agenzia di consulenza norvegese Rystad Energy stima che più di 150 miliardi di dollari potrebbero andare persi per questo motivo. Inoltre, nel 2015, le più grandi compagnie petrolifere prenderanno decisioni finali su un totale di 800 progetti nel settore energetico (petrolio e gas) che coinvolgono 60 miliardi di barili di petrolio per un valore di 500 miliardi di dollari. In un articolo pubblicato sul New York Times, invece, si legge che l’agenzia E&Y stima in 163 i progetti energetici a rischio, per un ammontare di un miliardo di dollari.

Le previsioni sul comportamento del prezzo del greggio l’anno prossimo sono tutt’altro che rassicuranti: i più pessimisti dicono che arriverà a 43 dollari il barile. In questo scenario, un terzo degli investimenti (il 20% del volume della produzione previsto) non potrà vedere la luce.
Molti dei progetti programmati per il 2015 sono “non convenzionali”, ovvero, non riguardano petrolio dall’estrazione semplice, ma hanno bisogno di uno strumento tecnologico più complesso, per accedere alle riserve petrolifere.

Tra i progetti più compromessi figurano:

– Rosebank di Chevron nel mare del Nord: Con investimenti stimati in circa 10 miliardi di dollari, il progetto di Chevron (in collaborazione con l’austriaca OMV) ha un futuro incerto. Nonostante la compagnia sostenga che la decisione definitiva sarà presa nel 2015, il progetto si è fermato. La posizione ufficiale dell’impresa è che “è nella fase iniziale di ingegneria e sviluppo. La revisione del bilancio e il lavoro aggiunto di ingegneria vanno avanti… è prematuro fare affermazioni su una data per la decisione finale di investimento”.

– Snorre di Statoil: Tra il blocco 34/4 e 34/7 nell’area Tampen del mare del Nord, anche questo progetto è a rischio. La compagnia ha deciso di “aggiustare il calendario” degli investimenti per prendere tempo e analizzare meglio la seconda fase. Questa decisione non sarà presa a marzo, ma ad ottobre del 2015. L’investimento previsto è di 5,7 miliardi di dollari.

– Joslyne di Total ad Alberta: La compagnia francese ha deciso di posporre la decisione finale di investimento nel progetto Joslyn di Alberta, per un costo di 11 miliardi di dollari, secondo Rystad Energy. Il programma prevedeva una produzione di 100mila barili al giorno dal 2020, ma ora è ferma allo studio dei costi. Nonostante l’impresa e i soci abbiano lavorato sull’equilibrio di bilancio sin dal 2011, non sono riusciti a raggiungere un livello sufficientemente buono per compensare la caduta del greggio. Ora tutto è da riprogrammare.

– Gas naturale liquefatto (GNL) di Shell nella British Columbia: Ci sono molte tensioni a causa del calo del prezzo del greggio. Secondo Citi, ha bisogno di un minimo di 80 dollari al barile per essere sostenibile. Il direttore finanziario di Royal Dutch Shell, Henry Simon, ha detto a ottobre che in caso contrario è poco probabile riuscire ad andare avanti con questi progetti non convenzionali.

– Mad Dog Fase 2 di BP in Messico: La compagnia ha sospeso temporaneamente il progetto nelle acque profonde, perché ne valuta la sostenibilità economica. Gli esperti credono che i costi siano troppo elevati: 20 miliardi di dollari. Ma l’impresa è fiduciosa di potere ricominciare nel 2015.

Petrolio e gas, ecco i mega-progetti a rischio

Tra le conseguenze della caduta del prezzo del petrolio ci sono non solo il crollo del costo della benzina e la svalutazione del rublo, ma anche la paralisi degli investimenti nel settore energetico, soprattutto sul lungo periodo. Il rapporto dell’agenzia di consulenza norvegese Rystad Energy stima che più di 150 miliardi di dollari potrebbero andare persi per questo motivo. Inoltre,…

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