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Il petrolio che crolla è una buona notizia per le economie. Ma una notizia meno buona per le grandi compagnie petrolifere, che continuano a tagliare pesantemente i piani di investimenti per il 2015. Dopo l’americana Hess e Shell, leader nel mercato europeo, anche ConocoPhillips e Occidental Petroleum, terzo e quarto produttore degli Usa, hanno annunciato annunciano riduzioni dei budget nell’ordine di miliardi di dollari. Lo scrive Reuters: “Offerta di petrolio in aumento, compreso quello che si trova nelle fonti di shale gas del Nord America e una domanda che si fa debole hanno inondato il mercato di greggio facendo crollare il prezzo del 60% dallo scorso giugno”, portando il barile poco sopra il 40 dollari e costringendo le società a tagliare “budgets, esplorazioni e in alcuni casi, posti di lavoro”.

In particolare, Conoco, che già a dicembre aveva annunciato un taglio delle spese del 20% a 13,5 miliardi di dollari, ora vuole “tagliare un ulteriore 15% a 11,5 miliardi. Occidental invece farà una riduzione del budget del 33%, a 5,8 miliardi”. Entrambe le società si aspettano che aumenti la produzione di oil e gas nel 2015: Conoco tra il 2 e il 3% e Occidental tra il 6 e il 10%. Ed entrambe hanno riportato perdite nell’ultimo trimestre dell’anno, di 39 milioni Conoco e di 3,41 miliardi Occidental.

ONDA NERA DAGLI USA A BERLINO
E l’Europa non è affatto al riparo da questa ondata. A partire dai dati macro. “La Germania – scrive il Sole 24 Ore  – entra in deflazione per la prima volta da cinque anni… I prezzi al consumo … hanno segnato -0,5% su base annua e -1,3% rispetto al mese precedente. Un calo forte e inatteso, oltre le aspettative degli analisti”. Sulla dinamica ha pesato soprattutto il calo delle quotazioni del greggio, “con forti ribassi dei costi dell’energia (-9%) e dunque di benzine e gas da riscaldamento”. E non è finita qua. “La sorpresa verso il basso dell’inflazione armonizzata tedesca, tra i paesi più resistenti, introduce al margine un rischio che il tasso dell’area euro, atteso oggi, vada al di sotto di quel -0,5% annuo previsto dagli analisti sempre a causa della brusca frenata del prezzo del petrolio”. Con effetti molto diversi da Paese a Paese. “Nei paesi economicamente più forti il calo dei prezzi del greggio può portare effetti positivi sui consumi di altri beni, come sta avvenendo in Germania, in quelli più in crisi dell’area può innescare la spirale deflazionistica perché gli acquisti vengono rimandati in attesa di cali ulteriori”.

… E FINO ALL’ITALIA
Un crollo del barile come quello avvenuto negli ultimi mesi è effettivamente drastico e non lascia nessuno privo di ammaccature. Anche nel mercato domestico. Dove a soffrire di più, secondo Repubblica è il Cane a sei zampe: “Eni, il colosso che sei mesi fa il neo ad Claudio Descalzi annunciò di voler convertire in oil major e ora dovrà limare investimenti, spese e strategie finanziarie. Oltre all’utile: ogni dollaro in meno per barile toglie a Eni 100 milioni di euro di utili netti. Dal picco, saremmo a -6,6 miliardi. Anche Saipem, Snam Rete Gas, Edison stanno derubricando listini e progetti, benché le forniture di gas a prezzo rigido, collegate al greggio, siano più convenienti degli ultimi anni”. Per Eni dunque è probabile «un altro giro di taglio delle stime», scrive Mediobanca Securities che ha già tagliato le proprie previsione di utili a tre anni del 44%, temendo che il piano di cessioni da 11 miliardi «possa subire un rallentamento per il tracollo dei prezzi». Anche la cedola, uno dei punti di forza storici per gli azionisti, sarebbe a rischio.

PROGETTI A RISCHIO
A essere tagliati saranno “i progetti ampi e costosi – scrive ancora Repubblica – Il crollo del greggio può mettere in difficoltà Kashagan, dove Eni ha investito cinque miliardi senza vedere una goccia d’olio. Qui la soglia di convenienza è alta (sugli 80 dollari) e sarà un’incognita realizzare la fase due nelle aree vicine. Altro progetto che si complica è Mamba, la mole di gas mozambicano che richiede ancora circa 40 miliardi per le infrastrutture di trasporto”.

CHI PERDE E CHI È AL RIPARO
Impatto forte e negativo anche su Saipem e “il mercato non esclude che la società di Umberto Vergine debba ricorrere a una ricapitalizzazione”. Più al riparo da scossoni Snam, che “gestisce la rete di trasmissione del gas e ha in Cdp Reti il socio di controllo. Il calo del petrolio rende più vantaggioso approvvigionarsi, specie per le utility che hanno contratti long term con i produttori. È il caso di Edison, che ha visto passare le sue posizioni sul gas in attivo dopo almeno tre anni in rosso”. In generale, in Europa “Eni e Total sono tra i titoli delle major più sensibili al prezzo dell’oro nero – sostiene Francesco Previtera, responsabile equity research di Banca Akros-ESN – per ogni dollaro in meno sul barile, gli utili operativi scendono rispettivamente di 1,7 e di 1,5 punti percentuali . E questo si riflette in Borsa. Sulle oil service Saipem e la francese Technip, invece, l’impatto si manifesta solo se il petrolio rimane sotto certi livelli, 70 dollari, per un tempo prolungato: sufficiente cioè a condizionare il ciclo degli investimenti”.

Eni, Saipem & Co. Tutti gli effetti del petrolio a basso costo

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