Skip to main content

Settimana di fuoco per Putin. “Caratterizzata da una serie di errori ognuno dei quali sostiene il precedente e si appoggia sul seguente” la definirebbe Ennio Flaiano con uno dei suoi fulminanti aforismi. Per il presidente russo le incognite negative dell’inverno e soprattutto dell’inizio del quarto anno di guerra stanno superando il punto di non ritorno. Corrono veloci e tragici i 120 giorni che mancano all’ anniversario dell’inizio della fallita invasione dell’Ucraina.

Cosa si inventerà la propaganda del Cremlino, molto più mendace di quella di Goebbels, per nascondere il disastroso bilancio in perdite umane e collasso economico di un conflitto senza sbocchi che vede l’armata di una superpotenza nucleare impattare e spesso arretrare di fronte alla strenua difesa dell’Ucraina?

Più che le mistificazioni del prossimo 22 febbraio, a Mosca al momento preoccupano i contraccolpi dell’ormai comprovata impossibilità di Putin di potere avviare la minima fase negoziale per risolvere diplomaticamente il conflitto. Prima artefice e ora ostaggio dell’oltranzismo nazionalista post sovietico, Putin si è bruciata, con la pantomima della telefonata a Trump alla vigilia del vertice di Zelensky alla Casa Bianca, anche l’ultima chance per guadagnare ancora tempo con un inutile vertice a Budapest.

Anche se scottato dalla plateale presa per i fondelli in mondovisione di Anchorage, Trump ha sventato con qualche giorno di ritardo il nuovo bluff del presidente russo e per salvare la faccia ha scatenato una duplice rappresaglia, immediatamente operativa sul piano economico e invisibile su quello militare. Con un semplice ordine esecutivo il tycoon ha messo in pratica fuori mercato le aziende petrolifere Rosneft e Lukoil, che producono ed esportano quasi la metà del petrolio russo e sono vitali per il finanziamento del bilancio del Cremlino. Le sanzioni di Trump sono infatti congegnate in modo da bloccare automaticamente alle raffinerie e alle banche che effettuano transazioni con Rosneft e Lukoil l’accesso ai mercati finanziari statunitensi e la possibilità di effettuare pagamenti in dollari.

Immediato l’impatto economico: le quattro principali compagnie petrolifere statali cinesi, PetroChina, Sinopec, CNOOC e Zhenhua Oil, hanno sospeso gli acquisti di petrolio russo, mentre la più grande raffineria indiana, Reliance Industries, ha annunciato che non rinnoverà il contratto per l’importazione di greggio alla Rosneft. Per evitare contraccolpi, su richiesta degli Usa, l’Arabia Saudita e il cartello dei Paesi produttori di petrolio dell’Opec, hanno già predisposto un massiccio aumento delle estrazioni in maniera da sopperire agli ordinativi cinesi e indiani.

Avvolta dal segreto, della military revenge trumpiana contro Putin si intuisce l’ampiezza dei contorni dalla convocazione alla Casa Bianca del segretario generale della Nato Mark Rutte, al quale Pentagono e agenzie di intelligence hanno illustrato i canali per far transitare attraverso l’Europa la ripresa di massicce forniture di armamenti all’Ucraina. Non soltanto sistemi difensivi Patriot, ma soprattutto missili a lunga gittata.

Non più comunque i Tomahawk, utilizzati come specchietti per le allodole e che in realtà per motivi di sicurezza nazionale necessitano dell’esclusiva assistenza di personale statunitense, ma i missili Joint Air-to-Surface Standoff con circa 950 chilometri di raggio d’azione, affiancati dagli Atacms, Storm, Shadow, Scalp in dotazione a Gran Bretagna, Germania, Francia, Olanda e paesi nordici e che dispongono di una gittata fra i 300 e i 500 chilometri. Quanto basta per colpire in profondità le infrastrutture militari, i centri comando, le raffinerie di petrolio e gli snodi ferroviari in territorio russo. Come é già avvenuto col missile britannico Storm Shadow che ha distrutto uno stabilimento russo a Bryansk che produceva esplosivi e carburante per razzi.

Per potenziare le difese aeree ucraine ai 20 moduli di batterie di missili Patriot dagli Stati Uniti si aggiungono gli Aster francesi e le batterie missilistiche inglesi, nonché oltre agli F16 i caccia bombardieri Mirage francesi ed i Gripen svedesi, a decollo verticale considerati i più adatti all’utilizzazione a ridosso delle prime linee ucraine perché in grado di entrare in azione da strade civili e campagne in modo da poter intervenire da postazioni disperse anziché da aeroporti. Una vera e propria offensiva d’attacco top secret, da far gestire a Kyiv e dietro le quinte ai paesi europei, con la supervisione per quanto riguarda i target in territorio russo dell’intelligence Usa e britannica. Una decisa reazione militare che, scrive il quotidiano britannico The Guardian “segna l’ultima oscillazione contro la Russia del pendolo dell’amministrazione Trump nei rapporti con Putin”.

Un pendolo definitivamente fermato in modalità guerra o pace dall’unanime mobilitazione a favore dell’Ucraina di Gran Bretagna, Germania, Francia, Italia, Olanda Polonia, ed altri 20 Paesi così detti volenterosi, riunitisi a Londra assieme al Segretario Generale della Nato Rutte. Per Mosca si prospetta un inverno difficile. L’azzardo della telefonata di Putin a Trump per proporgli un vertice sul nulla a Budapest si è rivelato un boomerang.

Il buco nero per l’economia mondiale rappresentato dal conflitto Russa-Ucraina sarà al centro dell’incontro di fine ottobre, con buone prospettive di accordi commerciali, fra Trump e il presidente cinese Xi Jin Ping, a Gyeongju in Corea del Sud al vertice dell’Asia-Pacific Economic Cooperation. “Sì, è uno degli argomenti che affronteremo”, ha confermato Trump, che facendo leva sulla mediazione di Pechino di fatto isola ulteriormente il Cremlino, che si ritrova accanto soltanto il dittatore nord coreano. Kim Jong Un ha promesso l’invio di altri soldati sul fronte ucraino per sostenere le truppe di Mosca, in aggiunta ai circa 10 mila già inviati lo scorso anno.

Senza neanche cogliere il sinistro risvolto, Kim ha annunciato l’invio del nuovo contingente di soldati all’inaugurazione del monumento alla memoria dei soldati nordcoreani morti nella regione russa di Kursk durante l’offensiva delle forze ucraine ed ha testualmente affermato che “seguendo una strada lastricata di sangue, abbiamo raggiunto un livello elevato nelle relazioni tra i nostri due Paesi”. Il sangue del popolo nord coreano, usato come carne da macello come hanno sempre fatto tutti i dittatori, a cominciare da Putin con le giovani generazioni russe, mandate al massacro in Ucraina.

L’Europa mette all’angolo Putin e Trump lo divide dalla Cina. L'analisi di D'Anna

Mentre il tempo e il crescente assedio dell’occidente giocano a sfavore, la situazione internazionale della Russia si fa sempre più precaria ed il Cremlino non riesce più a recuperare la perdita della credibilità negoziale che aveva in parte ritrovato dopo il ritorno di Trump alla Casa Bianca. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Tre anni di politica estera del governo Meloni. Risultati e obiettivi

Dalla nuova relazione con la Cina depurata della zavorra Via della Seta, al protagonismo in Ue e Nato; dalla special relationship con la Casa Bianca e l’Indopacifico, fino al Piano Mattei e alla centralità nella riunificazione balcanica, passando da aree mai battute prima come Asia centrale e America Latina. Che cosa ha fatto il governo Meloni sul piano internazionale

L'Ue deve proteggersi dalle misure cinesi sulle terre rare. I consigli di Gehrke (Ecfr)

Di fronte alla stretta cinese sulle terre rare, l’Ue deve reagire con fermezza. “È il momento di usare lo strumento anticoercizione o la coercizione economica diventerà la nuova normalità”, avverte Tobias Gehrke, senior policy fellow dell’Ecfr

Perché non si può parlare oggi di nuova Margherita. La riflessione di Merlo

Con la Margherita c’era un vero, credibile e trasparente progetto di centro sinistra. Perché c’erano un Centro riformista, autonomo, democratico e plurale alleato con una sinistra altrettanto democratica, riformista e di governo. Oggi il quadro politico è radicalmente cambiato. La riflessione di Giorgio Merlo

Dopo il cessate il fuoco, qual è il punto della situazione a Gaza? La versione di Mayer

Dopo due settimane il cessate il fuoco a Gaza tiene, ma il futuro resta incerto. La Turchia di Erdogan gioca un ruolo chiave ma ambiguo, sostenendo Hamas e cercando influenza nella Striscia. Egitto, Israele e Arabia Saudita vogliono contenerla. Gli Usa guidano la mediazione, mentre cresce l’attesa per il nuovo Centro di Coordinamento su Gaza

Il peso cinese sull’economia europea. La versione di Pettis e Fardella

Di Michael Pettis ed Enrico Fardella

Il problema europeo degli investimenti va analizzato all’interno di un contesto globale dominato dalla strategia economica di Cina e Stati Uniti. Se le quote manifatturiere di Pechino e Washington crescono, inevitabilmente quelle europee devono ridursi. L’analisi di Micheal Pettis, senior fellow presso il Carnegie endowment for international peace, ed Enrico Fardella, Associate Professor del Department of Social and Human Sciences all’Università di  Napoli ‘L’Orientale’ e Adjunct Professor alla School of Advanced International Studies (SAIS) Europe della Johns Hopkins University

Usa e Ue unite, solo così per Meloni si ferma la guerra in Ucraina

Il tema delle armi a lungo raggio è stato al centro del vertice londinese in cui la Gran Bretagna si è impegnata a consegnare all’Ucraina altri missili entro l’inverno e la Francia a mandare altri caccia Mirage. Secondo Bloomberg Roma potrebbe inviare, tramite il dodicesimo pacchetto di aiuti militari, i sistemi di difesa aerea SAMP /T

Chi è Ksenija Sobchak, l’influencer pro-Putin che si aggira per l’Europa

Presentatrice ed influencer, la “Paris Hilton russa” è vista con molto sospetto dall’opposizione. Avrebbe ottenuto un visto da nomade digitale per lavorare dalla Spagna

Vite artificiali e corpi smontabili. Politica e diritto di fronte alla non-vita tecnologica

L’analisi dell’impatto delle tecnologie dell’informazione sul concetto politico di identità e le conseguenze della trasformazione dell’individuo da “chi” a “cosa” è il tema affrontato dal volume “Lost in the Shell. Mind, body, identity and the the technology of information”, a firma di Andrea Monti, docente di identità digitale, privacy e cybersecurity nell’università di Roma-Sapienza, ed edito da Routledge Books. Ne pubblichiamo un estratto

Democrazie sotto attacco cognitivo. La sicurezza epistemica secondo Demos

L’erosione della “sicurezza epistemica”, la capacità collettiva di distinguere il reale dal manipolato, sta svuotando di sostanza istituzioni e cittadini, rappresentando la minaccia più insidiosa per le democrazie liberali. Il report del think tank britannico da tempo impegnato nell’analisi del rapporto tra informazione e democrazia, firmato da Eliot Higgins (fondatore di Bellingcat) e Natalie Martin

×

Iscriviti alla newsletter