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Il summit dell’Asia-Europe Meeting (Asem) di Milano che si svolge in queste ore è differente da tutti gli altri numerosi incontri internazionali, a cominciare dal G20. Gli Stati Uniti sono assenti. Si tratta infatti della conferenza dei capi di stato e di governo dell’Asia e dell’Europa. Noi auspichiamo che questo evento sia consapevolmente trasformato, dall’Unione europea e dai singoli Paesi dell’Europa, in una occasione per avviare seriamente una cooperazione economica e strategica con l’intero continente euro-asiatico.

E’ stato un anno di conflitti e di destabilizzazioni, purtroppo non ancora risolti, nel continente europeo, nel Mediterraneo e nel vicino Medio Oriente. I paesi euro-asiatici però si presentano a Milano con una visione alternativa e strategica di sviluppo pacifico multipolare, con proposte concrete di riforma del sistema monetario internazionale e con programmi di ampio respiro nel settore delle infrastrutture e per la modernizzazione dei loro vastissimi territori.

La Cina ha in cantiere una serie di grandi progetti che non sono più solo sulla carta. C’è in particolare la «Silk Road Economic Belt», cioè la nuova via della seta che, passando attraverso il Kazakhstan, dovrebbe arrivare in Europa. La dirigenza cinese vorrebbe fare di Berlino il suo snodo centrale, prima di arrivare fino ai porti atlantici. Ne ha già parlato con i governanti della Germania. La Cina ha sviluppato tutta una serie di altre vie della seta, anche in direzione Sud fino all’India. Il presidente cinese Xi Jinping ha recentemente presentato al primo ministro indiano, Narendra Modi, un piano di investimenti per 100 miliardi di dollari e la proposta di realizzare insieme una via della seta marittima che entrando nel Mediterraneo attraverso il Canale di Suez, potrebbe agganciarsi, attraversando l’Italia, all’intera rete infrastrutturale europea.

È da sottolineare il fatto che per finanziare simili progetti la Cina e molti altri Paesi considerati emergenti non fanno più riferimento alle vecchie istituzioni finanziarie e monetarie, come il Fmi e la Banca Mondiale. Stanno invece alacremente lavorando, ad esempio, per la costruzione della Asian Infrastructure Investment Bank. In risposta alla pericolosa e persistente volontà degli Stati Uniti di considerarsi l’ unica potenza mondiale e nel mezzo delle sanzioni americane ed europee contro Mosca per la crisi ucraina, la Cina e la Russia hanno a maggio siglato lo storico accordo di forniture russe di 38 miliardi di metri cubi di gas per un valore complessivo di 400 miliardi di dollari in trent’anni.

Come abbiamo più volte scritto, la Russia, tra l’altro, sta anche lavorando alla realizzazione della TransEuro-Asian Development Belt «Razvitie» che prevede corridoi infrastrutturali (ferrovie, strade, energia, comunicazione) dalle coste del Pacifico fino all’Europa e all’Atlantico. Si tratta di un enorme progetto. Sarà realizzabile soltanto in cooperazione tecnologica con l’Europa. Esso mira infatti alla creazione di nuove città, di insediamenti urbani, di qualificati centri scientifici e agroindustriali anche nella vastissima e poco abitata Siberia. Nelle ultime settimane, Vladimir Yakunin, presidente delle Ferrovie Russe e promotore del Razvitie, è stato due volte in Cina, a Shanghai e a Lanzhou, proprio per discutere di questi corridoi di sviluppo. I rappresentanti cinesi hanno intelligentemente proposto di collegare la via della seta con il Razvitie attraverso nuovi collegamenti ferroviari.

In questa prospettiva è doveroso notare che molti di questi progetti, soprattutto quelli relativi all’energia, tendono a bypassare l’intermediazione del dollaro per essere stipulati direttamente in yuan e in rubli. Secondo gli ultimi resoconti, sulla borsa di Mosca gli scambi rublo-yuan sarebbero già decuplicati. Ciò evidentemente accade non per una scelta estemporanea ma dopo lo storico incontro dei paesi Brics a Fortaleza in Brasile dove, tra l’altro, fu lanciata la New Development Bank con un capitale iniziale equivalente a 100 miliardi di dollari. Come si vede, il Razvitie e le varie vie della seta avrebbero il loro capolinea in Europa dove purtroppo l’Unione europea e la burocrazia di Bruxelles appaiono ancora troppo succube e timide nel formulare un’autonoma strategia di sviluppo e di cooperazione internazionali rispetto agli Usa. Forse si pensa, come ai vecchi tempi degli imperi, di essere i primi al mondo. Così non è. La recessione e la persistente e crescente disoccupazione ce lo ricordano quotidianamente. .

Noi riteniamo che, per l’Europa, la via d’uscita dalla crisi, oltre agli ineludibili compiti da risolvere a casa propria da parte di tutti, sia anche nella fattiva partecipazione ai grandi progetti infrastrutturali e di sviluppo sopra menzionati. La nostra tecnologia, le nostre professionalità e la nostra imprenditorialità sono indispensabili alla realizzazione di simili progetti. E non si tratta soltanto di esportare più prodotti di alta tecnologia ma anche di partecipare direttamente ai lavori. Ciò non può che contribuire alla ripresa economica ed occupazionale anche del nostro Paese.

Mario Lettieri
Sottosegretario all’Economia del governo Prodi

Paolo Raimondi
Economista

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