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Nel 2007, la nascita del Pd di Veltroni costituì un incentivo per l’aggregazione di Forza Italia e Alleanza nazionale nel Pdl, un nuovo grande partito per fronteggiare una sinistra che andava organizzandosi, unendosi. D’altro canto, la stessa nascita del Pd era stata condizionata anche dalla forza della destra berlusconiana, ancorché legata soprattutto alla figura del leader, ma pur sempre reale e in grado di fare della vittoria, per la sinistra, un’operazione non facile.

Talvolta, dunque, dinamiche virtuose hanno trovato spazio anche nel nostro difficile sistema politico, anche se poi sovente contrastate da corrispettive dinamiche viziose che hanno compromesso il risultato della stabilizzazione del sistema medesimo, secondo un modello di consolidata competizione bipolare, stabilità governativa e alternanza. Che dire, secondo questa prospettiva, dell’attuale situazione politica italiana? La forza del centrosinistra renziano potrebbe costituire un incentivo per gli attori che animano (o spesso agitano, più o meno inutilmente) il centrodestra, a oggi, e ormai da tempo, bloccato in un’empasse? Per rispondere sono necessarie alcune premesse.

Sarebbe un errore adottare una prospettiva “funzionalista” e ritenere che la necessità, rispetto a un fisiologico funzionamento del sistema politico, della presenza di un partito o polo di centro- destra, a fronte di una sinistra forte, sia di per sé fattore sufficiente a produrli. Anche se in ogni dove e continuamente si ripete che il sistema deve per forza poggiare anche su una destra, non si può escludere che, almeno in tempi brevi o medi, di quella destra non si vedrà nemmeno l’ombra.

Al tempo stesso, nemmeno si può prendere troppo alla lettera l’ipotesi che il vuoto in politica non esista, e dunque qualcuno quel vuoto prima o poi dovrà riempirlo. Innanzitutto perché il campo non è davvero vuoto (ma su questo ritorneremo), ma soprattutto perché il sistema potrebbe prendere una nuova forma e dunque il vuoto potrebbe sì riempirsi, ma mediante il proporsi di una morfologia del tutto particolare, diversa da un effettivo bipolarismo. Insomma, il sistema in qualche modo, a partire da questa fase poco equilibrata, un equilibrio probabilmente lo troverà, ma non sappiamo quale sarà e tutte le nostre riflessioni sul futuro del centrodestra potrebbero anche rimanere interessanti, ma inutili riflessioni.

Detto che ciò, è lecito chiedersi se l’esperienza della sinistra di Renzi possa costituire un incentivo, uno sprone, un esempio per il centrodestra. O, ancor di più, se essa possa generare una risposta uguale e contraria. In prima battuta si può osservare che non vi è dubbio che stia generando preoccupazione, fermento, movimento, riflessioni, in un mondo che guarda con preoccupazione all’assenza di un’alternativa non solo all’attuale governo, ma più in generale a un governo di sinistra, ancorché si tratti di una sinistra che va trasformandosi, ma che mantiene certi riflessi condizionati su temi cruciali sui quali una destra liberale potrebbe avanzare proposte diverse (dal fisco alla giustizia, passando per l’immigrazione, come ha, ad esempio, osservato Angelo Panebianco in un suo editoriale sul Corriere della Sera).

Tuttavia, come è già stato osservato da più parti e anche da chi scrive, non è chiaro chi dovrebbe raccogliere la sfida e come. La destra è incapace di produrre offerta politica convincente, ma è comunque occupata da formazioni di varie dimensioni che nel loro insieme appaiono un coacervo di partiti/ini privi di una leadership forte e promettente, di un ceto politico autorevole, di un progetto e una visione. Quanto a progetti e visioni, anzi, nel centrodestra ve ne sono molti e di molto diversi, alcuni incompatibili. Ma accanto a ciò vi è un altro problema, per alcuni aspetti ancor più preoccupante.

Le due formazioni di maggiori dimensioni, il pur piccolo, ma non microscopico Ncd, e Forza Italia, comunque capace di raccogliere il consenso di un quinto degli italiani, anche se in forme diverse paiono succubi del nuovo potere renziano e risolti a far buon viso a cattivo gioco e ad adattarsi al nuovo corso. Il primo come mosca cocchiera di un governo che comunque sostiene e rispetto al quale tenta (o finge di tentare) di dare una propria impronta: impresa dal successo improbabile. Il secondo, privo di una forza propria e al seguito di un leader ormai in declino e preoccupato essenzialmente di preservarsi uno spazio e di non essere del tutto maciullato dalle vicende extra-politiche, che in virtù di questa preoccupazione gioca sul tavolo delle riforme (cosa di per sé positiva), senza però essere capace di esprimere un convincente discorso di opposizione.

Se a queste ultime considerazioni si aggiunge il clima politico-culturale conformistico che si sta sviluppando attorno al nuovo governo in Italia, dove la maggior parte delle critiche è sempre in punta di penna ed emerge solo quando l’evidenza diventa imbarazzante, dove le parole d’ordine provenienti dall’alto e attraverso le quali si legge la realtà si trasformano in senso comune (ben lontano, spesso, dal buon senso), dove molti interessi paiono riassestarsi attorno al farsi delle nuove condizioni politiche, ecco che allora si comprende quanto realistica sia l’ipotesi che si suggeriva più sopra: la possibilità che il nostro sistema politico assuma una morfologia che nulla ha a che fare con la fisiologia bipolare, ma si consolidi attorno a un solo polo (il Pd), con vari satelliti svolgenti diverse, ma pressoché irrilevanti, funzioni e un’unica vera opposizione, il M5s, probabilmente anti-sistema, ma sulle cui sorti e sulla cui evoluzione è però oggi difficile esprimersi.

Di un serio, liberale centrodestra, anzi, di un partito liberale di centrodestra a vocazione maggioritaria, vi sarebbe la necessità per avere in Italia un’efficace e confortevole democrazia liberale. Molti elementi non rendono probabilissimo questo esito, almeno allo stato delle cose, ma gli eventi, chissà, potrebbero sorprenderci. Continuiamo a osservare.

Articolo pubblicato sul numero di agosto-settembre di Formiche

La Leopolda Blu per un centrodestra non più succube di Renzi

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