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Nel 2011 ero a Washington e un famoso esperto di geopolitica di origine ebraica mi raccontava della nuova fiducia americana per i Fratelli musulmani in Egitto. Essi avevano appena rovesciato Mubarak, ma non erano un problema, erano democratici, liberali. Personalmente ero scettico, non foss’altro che perché il mio scrittore preferito, Neguib Mahfuz, li detestava.

Solo qualche anno prima l’America aveva cercato invano di portare la democrazia in Iraq e in Afghanistan e stava fallendo. Gli scontri religiosi, fomentati dai fondamentalisti islamici in quei due Paesi stavano mettendo in grave difficoltà gli Stati Uniti.

Pochi giorni dopo a Pechino, in una intervista al servizio inglese della televisione centrale cinese cercavo di essere cauto. Se gli americani scommettevano sui Fratelli musulmani sicuramente avevano più informazioni di me, ma suggerivo anche di mantenere una carta di prudenza e rafforzare il capo della sicurezza egiziana al Sisi.

Era una assicurazione in caso qualcosa fosse andato storto. In caso i fratelli musulmani si fossero dimostrati diversi dall’ideale, al Sisi avrebbe potuto riprendere le cose in mano. Così fu e al Sisi salvò l’Egitto e Mediterraneo dal baratro.

Circa 15 anni dopo l’America non sta facendo lo stesso errore con la destra radicale europea? Oggi l’amministrazione a Washington appoggia la destra radicale, pensando che sia una sponda più in sintonia con i sentimenti attuali americani. Ma forse, come altre volte, si prendono fischi per fiaschi?

La fascinazione americana per il fascismo ha origini antiche. Gli Stati Uniti guardarono con favore sia al fascismo italiano che al nazismo tedesco agli inizi. Sappiamo che se ne pentirono. La vicenda egiziana è più vicina. Il punto principale è: organizzazioni che si dichiarano fondamentaliste molto spesso lo sono, lo devono essere per il fatto stesso di averlo dichiarato.

L’esempio della destra radicale italiana, dove Giorgia Meloni, in origine di destra radicale, si è spostata al centro, non è in realtà applicabile a Paesi come Germania, Francia o Gran Bretagna. L’Italia politica, invenzione recente e condizionata pesantemente per motivi complessi e storici, non è ne può essere seria nei suoi impegni ideali. Quindi se pressata, la destra o la sinistra radicale cambiano posizioni.

Così non è per altri Paesi.

Inoltre, se in Germania, Francia, Gran Bretagna va al potere la destra radicale, con la benedizione americana, anche la destra oggi moderata di Meloni si trasformerà in radicale. A quel punto la destra radicale europea, nazionalista, e storicamente antiamericana, che farà: cercherà un’intesa con Washington o diventerà come i fondamentalisti di Iraq, Afghanistan o Egitto? Solo che in Europa non c’è poi una assicurazione al Sisi.

Infine, c’è un altro elemento. Oggi l’industria americana delle armi e del petrolio ha un interesse oggettivo a sostenere l’Ucraina contro la Russia.

Però la destra radicale europea è filorussa, non solo in termini geopolitici, ma in senso più profondamente ideologico, perché sogna il ritorno ai tempi dei grandi imperi europei, prima della Prima Guerra mondiale. Ciò crea un conflitto oggettivo tra interessi industriali americani e pulsioni europee.

Non è chiaro se gli Usa persevereranno o cambieranno posizione, ma certo l’ombra dell’errore americano in Europa incombe come non mai.

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