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Le forze francesi lo scorso 2 ottobre abbordavano la nave Pushpa (oggi ribattezata Boracay e in precedenza registrata come Kiwala), una delle unità delle flotte ombra russa, al largo di Saint-Nazaire. Negli stessi giorni, a poche centinaia di chilometri di distanza, tra Parigi e Bruxelles, un gruppo di funzionari e agenti delle intelligence europee stava mettendo in scena, per esercitazione, un differente scenario di crisi. Un’ondata migratoria manipolata da Mosca come strumento di pressione geopolitica.

Secondo quanto rivelato da Intelligence Online, l’esercitazione coordinata da Frontex aveva come obiettivo quello di testare la capacità di risposta dell’Unione Europea di fronte a un’ondata migratoria pilotata, concepita come arma ibrida contro i confini europei.

Il gioco di guerra alle frontiere

L’esercitazione, durata tre giorni all’inizio di ottobre, ha coinvolto la polizia federale belga e il Servizio di sicurezza dello Stato (Vsse) a Bruxelles, insieme alla Direzione generale per gli stranieri (Dgef) e alla Dgsi, l’intelligence interna francese, a Parigi. Entrambi i gruppi avrebbero lavorato su scenari ideati dalla European Integrated Border Management Intelligence Division, il braccio analitico di Frontex.

Nello scenario, ricorda Intelligence Online, la minaccia prendeva forma nel Maghreb: una serie di esplosioni in centrali nucleari algerine, attribuite ad Al-Qaeda nel Maghreb islamico (Aqim) ma orchestrate da Mosca per generare un effetto domino di panico, instabilità e un esodo di decine di migliaia di civili, molti dei quali contaminati dalle radiazioni, diretti verso l’Europa. Mentre le autorità parigine gestivano questo scenario, un’altra minaccia immaginaria prendeva corpo nel Mare del Nord. Una nave della ghost fleet russa avvistata al largo delle coste franco-belghe, carica di piccole imbarcazioni e di rifugiati ucraini. Anche in questo caso, l’obiettivo della simulazione era chiaro: valutare la capacità di filtrare e identificare fino a 20.000 nuovi arrivi al giorno, distinguendo i profughi autentici da potenziali infiltrati o agenti nemici.

Dalle simulazioni alla realtà. Dall’Africa la migrazione come leva geopolitica

Se gli esercizi tra Parigi e Bruxelles sembrano un esercizio teorico, le analisi più recenti di Frontex suggeriscono che la minaccia sia tutt’altro che ipotetica.
Nel suo Annual Risk Analysis 2025/2026, l’agenzia parla apertamente di un rischio crescente: l’uso della migrazione come “arma geopolitica” da parte di Russia e Bielorussia. Dalla Libia al Sahel, attori statali e reti criminali trasformano i flussi migratori in uno strumento di pressione strategica. Il rischio per l’Ue, sottolinea Frontex, non è solo umanitario, ma politico e di sicurezza, con la strumentalizzazione dei flussi irregolari come potenziale vettore di destabilizzazione per l’Unione Europea. La progressiva espansione dell’influenza russa in aree come il Sahel e la Libia orientale, unita al ritiro dei Paesi dell’Alleanza del Sahel da strutture regionali come la Ecowas, sta indebolendo i meccanismi di cooperazione e di controllo dei traffici. Questo vuoto di governance viene rapidamente colmato da reti criminali e da attori para-statali, in grado di manipolare i flussi migratori verso il Nord come strumento di pressione strategica.

Operazioni chirurgiche

Non si tratta più solo di migrazioni economiche o umanitarie, ma di un fenomeno utilizzato deliberatamente per stressare i confini europei, logorare la capacità operativa degli Stati membri e innescare tensioni politiche interne. La possibilità di facilitare partenze di massa in momenti sensibili (elezioni, crisi politiche, voti chiave) trasforma il Mediterraneo in un teatro di influenza dove le onde migratorie diventano messaggi geopolitici.

Tra gli scenari considerati più plausibili, l’agenzia cita provocazioni dirette contro il personale di frontiera, sabotaggi alle infrastrutture, cyberattacchi e campagne di disinformazione mirate a erodere la coesione interna dell’Unione e la fiducia dell’opinione pubblica. L’Europa si prepara a un’epoca in cui la migrazione non è solo conseguenza dei conflitti, ma parte integrante di questi.

La migrazione come strumento di guerra ibrida. L’Europa si addestra a gestire le crisi

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