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Nella patria del bipartitismo classico – gli Stati Uniti d’America – dopo elezioni di medio termine e non generali, avendo il partito minoritario di due anni orsono (repubblicano) conquistato la maggioranza tanto nella Camera dei rappresentanti che nel Senato, rovesciando la rappresentatività popolare, in termini di sistema non è accaduto alcunché. Il Presidente democratico ha riconosciuto di essere stato sonoramente sconfitto, ma non ha neppure lontanamente pensato di rassegnare il mandato; ha semplicemente chiesto (e ottenuto) la collaborazione dei repubblicani, ora domini del congresso, dando virtualmente vita a quella che, in Europa, si chiama grande coalizione e, in Italia, si considera un inciucio, un imbroglio.

Basterebbe questa constatazione per riflettere sull’assurdità nella quale scadono quei partiti che da noi assegnano alle primarie (fondamentali negli Stati Uniti per la scelta dei candidati democratici e repubblicani) un valore addirittura salvifico e chiarificatore del miserabile stato della democrazia italiana e, invece, non prendono esempio dal modello americano per stabilire in Parlamento un modus vivendi che eviti di vivacchiare alla giornata e di assumere come bolla dottrinaria il ricorso forzoso al voto di fiducia. E qui non si può non notare che l’Italia, come gli Stati Uniti, sono una società pluralista e non bipolare, sicché ha poco senso logico, nelle nostre contrade, a livello nazionale e periferico, immaginare ricatti di non rielezione per quei parlamentari che dissentano dall’esecutivo; ovvero cercare di raggirare l’avversario modificando patti solenni (come quello del Nazareno fra Renzi e Berlusconi), che avrebbero dovuto rendere praticabile tanto una legislatura costituente che un sistema di alternanza democratica. La quale, in estrema sintesi, è il nocciolo della democrazia liberale e riformatrice.

Proprio mentre i vertici dei partiti americani, che si sono battuti all’ultimo voto per mantenere o mutare gli equilibri parlamentari, dichiaravano apertis verbis, senza ricorrere a consultazioni interne, di scambiarsi reciprocamente mani tese per salvare l’interesse superiore dell’unità nazionale e di una legislazione utile a frenare rischi di recessione economica, nel parlamento italiano si sono registrate scene di straordinario squallore (tipo uno sguaiato ostruzionismo e il ricorso a maggioranze variabili), mentre i principali partiti sono fatti oggetto di assalti alla baionetta da parte di corporazioni ricchissime e di piccole formazioni etniciste che cercano di sfruttare al massimo l’insoddisfazione generale per una crisi economica che pare non avere mai fine, chiunque regga l’esecutivo. Offrendo così uno spettacolo di una indecenza incredibile, frutto sia di incultura politica che di mentalità mercantile estrema.

Stravolgendo il patto del Nazareno un ministro del governo di coalizione (la leggiadra Boschi) si permette di ritenere, il suo, un monocolore: che può fare e disfare a proprio piacimento ciò che s’era promesso il giorno avanti e negato l’indomani, puntando per convenienza a elezioni anticipate. Per mettere a tacere i dissensi interni ed esterni, annullare l’apporto degli stessi partiti ministerialisti, dare in sostanza vita ad un sistema renzi-centripeto, che ha superato ogni limite di rispetto per chi ha reso possibile un terzo premier consecutivo non eletto dal popolo e si è giunti a ricorrere ad una fastidiosa boria di segno avanguardistico, che non costituisce propriamente una garanzia di evoluzione democratica nell’interesse generale del Paese.

Renzi non pensi che gli vada sempre bene per la grande divisione che pervade l’opposizione interna al Pd e in ambito parlamentare. Anche il suo astro non brilla come cinque mesi fa alle europee. L’ultimo sondaggio segnala una perdita di due punti per il Pd; i suoi alleati di governo raccolgono complessivamente il 4,8 per cento, meno della metà di quelli dello scorso anno. Scelta civica di Monti (che aspirava alla leadership nazionale e al benestare dei finanzieri di Francoforte) è ridotta allo 0,3 per cento. Sel e rifondazione comunista, calcolati assieme, toccano giusto il 5 per cento. Purtroppo non viene indicato l’ammontare degli astensionisti. Mentre gli eccentrici di destra, Lega Nord e Fratelli d’Italia, sottraggono un punto a Forza Italia rispetto al penultimo sondaggio di una settimana fa.

Badino, Renzi e Boschi, che quando si esagera in furbizia, si perde credito, non se ne guadagna. E rammentino che mancano soltanto cinquanta giorni alla fine del semestre italiano e che Renzi, anche in Europa, ha avuto la capacità di farsi più nemici che amici persino nella socialdemocrazia.

Ma cosa hanno in mente Renzi e Maria Elena Boschi?

Nella patria del bipartitismo classico - gli Stati Uniti d’America - dopo elezioni di medio termine e non generali, avendo il partito minoritario di due anni orsono (repubblicano) conquistato la maggioranza tanto nella Camera dei rappresentanti che nel Senato, rovesciando la rappresentatività popolare, in termini di sistema non è accaduto alcunché. Il Presidente democratico ha riconosciuto di essere stato sonoramente…

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